
Scrivere, si diceva sempre, è un atto intimo, solitario. A volte bellissimo, intenso, totalizzante, altre volte liberatorio, visionario. Lo è ancora, perché è difficile mettere insieme le parole, perché è come raccogliere le impressioni del mondo e centrifugarle dentro la tua anima.
Poi c’è la musica, e anche quella si scrive solitamente da soli, ricercando note e tonalità, pause e riprese, assoli ed evoluzioni. Mettere insieme musica e parole è l’armonia della vita, raccogliere le percezioni della memoria, dare colore ai pensieri, vestire i ricordi di ritmo e malinconia.
Ci sono canzoni che sono diventate vere e proprie icone, almeno per la nostra generazione. Era solo Francesco De Gregori quando scrisse e musicò Rimmel, Francesco Guccini con Eskimo, Lucio Dalla con Anna e Marco, Vasco Rossi con Vita spericolata. Ed era solo, soprattutto solo, Fabrizio De André quando decise di mettere la musica alle sue parole più intime e rivoluzionarie: nacque Amico fragile.
Quando poi sai scrivere ma non conosci troppo la musica, cerchi qualcuno in grado di farlo. E di farlo bene, un po’ come Lucio Battisti e Mogol. Ecco perché, quando alle presentazioni dei testi di Sanremo ascolto i nomi degli autori – che, a volte, sembrano la formazione di una squadra di calcio – dico subito: difficile possa funzionare. Troppi ingredienti non fanno un ottimo piatto.
Brunori Sas è l’unico che, su quel palco, si è scritto e musicato la canzone. Da solo. Con la forza di giocarsela senza dividere allori e sconfitte con nessuno. Forse egoista, forse egocentrico, ma questa è la scrittura e questa è la musica. Soprattutto questa.