
Prima regola: si allontanino dal palco quelli che hanno la risposta giusta e la tirano fuori ogni anno: “Io Sanremo non lo guardo”. Stiano lontani quelli che continuano a dichiarare che, al posto del Festival, leggono un bel libro (non è vero), guardano un bel film (probabile) o si divertono in altri modi (beati loro).
Sanremo è Sanremo solo per chi lo guarda senza troppi snobismi, sofismi, aurea da intellettuale intristito e introspettivo. Sanremo polarizzerà la settimana che sta per iniziare. Fatevene una ragione.
Insomma, questo post non è per voi.
Io, invece, guardo Sanremo dal 1968 e, tranne qualche rara defezione, ho sempre assistito alla serata finale, attendendo con malcelata calma il nome del vincitore. Ho vinto e ho perso. Ho scommesso su Vasco Rossi, su Zucchero, ho sperato nella vittoria di Elisa, di Elodie (e, finora, ho sempre sbagliato). Ho azzeccato il pronostico sui Måneskin ma non su Marco Mengoni.
Insomma, Sanremo mi ha accompagnato per moltissimi anni e ammetto che quelle canzoni fanno parte della mia vita. Lo so, vi sembrerà strano che uno innamorato di De André, De Gregori e Guccini possa rimanere incantato da “in Tutti i luoghi, in tutti i laghi”. Prendetela come una bella sbandata, la stessa che hanno avuto Vasco Rossi, Zucchero, Lucio Dalla, Sergio Endrigo, Franco Battiato (che un Festival l’ha vinto, anche come autore) e tanti altri.
Lo guarderò perché mi piacciono le gare, le canzoni, le scemenze e la follia. Tutto il resto (libri, film, impegni mondani) per questa settimana è noia.
Voi, grandi intellettuali, fatevene una ragione.