
Non sono ricattabile.
È la frase delle frasi, utilizzata più volte da Giorgia Meloni. Lo ha fatto per la prima volta addirittura con Silvio Berlusconi, lo ripete in questi giorni davanti all’avviso di iscrizione nel registro degli indagati (e non, come erroneamente riportato dalla premier stessa, avviso di garanzia) e lo fa, seppur indirettamente, rivolgendosi alle parole di Daniela Santanchè (che, ricordiamolo, continua a mantenere il cognome dell’ex marito, forse per il ricordo del trittico Dio, Patria e Famiglia), farfugliando poi un più fumoso “non ho le idee chiare”.
Di ricatti, in politica, ne sono piene le fosse. Forse il più pericoloso fu quello consumato negli anni Sessanta con i dossier del SIFAR, quando i servizi segreti dell’epoca raccolsero circa 157.000 fascicoli su politici, ecclesiastici e altre personalità di rilievo. Informazioni riservate che potevano essere utilizzate per ricattare chiunque.
Silvio Berlusconi fu ricattato dalle sue “olgettine” e, più recentemente, l’ex ministro Sangiuliano è probabilmente finito vittima di un ricatto da parte della sua collaboratrice, – fidanzata, amante -Maria Rosaria Boccia. Vallo a sapere.
Credo però – e non sono il solo – che il ricatto vero sia un altro, un tassello di un più ampio incastro geopolitico. A gestirlo è la Libia, che ha richiesto indietro, e con estrema rapidità, il ricercato per crimini di guerra Osama Almasri. L’Italia, sotto scacco, ha subito esaudito la richiesta.
Questo è accaduto. Sarebbe necessaria una smentita ufficiale, ma quel volo di Stato partito prima che il giudice prendesse una decisione la dice molto lunga su come siano andate davvero le cose. E in questo caso, un indizio è quasi sicuramente una prova.
Questo articolo è stato scritto il mercoledì, Gennaio 29th, 2025 at 19:12
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Tags: Giorgia meloni, giustizia, governo
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