Tra noia e felicità (La Nuova Sardegna, 20/2/2024)
«A volte bisogna avere il coraggio di fermarsi. Non riesco più a fingere che vada tutto bene e che sia felice di quello che sto facendo». A dirlo è un ragazzo di 21 anni lanciato da “Amici” nel 2021, sbarcato a Sanremo del 2022 con il brano “Farfalle” e giunto penultimo quest’anno con “Finiscimi”, pezzo musicale che attualmente non naviga tra i primi posti delle rotazioni in radio e nelle piattaforme streaming. La notizia però non è questa anche se guadagna le prime pagine dei giornali perché la resa è stata annunciata da un ragazzo “in carriera” con un avvenire in discesa e da un disco in rampa di lancio.
Il progetto si ferma a 21 anni quando tutto, in realtà, dovrebbe partire. Giovanni Damian (è questo il vero nome del cantante) è figlio di questi tempi “elettronici e veloci” – come canterebbe il grande Francesco De Gregori – e questi tempi, a volte, non permettono nessuna pausa di riflessione, nessuna fermata ad una stazione per potersi guardare incontro. Così, di colpo, ci si rende conto di aver premuto troppo sull’acceleratore e si va incontro al disagio camuffato da colori sfavillanti, likes sui social, storie che si compongono e si scompongono nello spazio di un attimo. Per fermarsi, di questi tempi, ci vuole coraggio. Lo ha fatto un cantante con milioni di visualizzazioni sulle piattaforme musicali e lo dovremmo fare un po’ tutti, imbrigliati come siamo tra riunioni e colazioni di lavoro, agende da limare e-mail da gestire, incontri sbrigativi e sindrome da prestazione. Quel coraggio di fermarsi servirebbe eccome: alla società, all’economia, alla politica. Sangiovanni introduce anche un altro concetto fondamentale e fondante, terribilmente dimenticato da moltissimi anni: quello della felicità. Si corre, si sfugge, si accantonano impegni ed incontri, si sbraita, ci si abbraccia fugacemente e si strimpella la colonna sonora della propria vita senza più chiedersi se siamo felici. Fateci caso: a scuola nessuno pone questa domanda e neppure nella maggior parte delle famiglie. Non se la pongono neppure i giovani, occupati a scegliere l’emoticon giusta per rispondere alla ragazzina o ragazzino di cui si sono infatuati. Non c’è tempo per fermarsi e non c’è tempo per la felicità. Così come non è il tempo di leggere e di soffermarsi, di analizzare i fatti ed è raro incrociare persone con un libro in mano, sedute su una panchina a leggere pagine che rallentano e arricchiscono la vita. Non c’è tempo. Lo sprechiamo nel rispondere ad esigenze primarie, nel rincorrere le ore e i minuti, nel polverizzare gli attimi e non sappiamo più costruire nessuno spazio per l’anima, per la bellezza e per quella strana linea infinita ed eterea che si chiama felicità. Non c’è tempo di attendere i ragazzi che sbagliano, i giovani che si perdono tra i silenzi delle proprie stanze, tra amori naufragati e vissuti come se fosse l’ultima spiaggia. Non c’è tempo per dialogare perché le parole sembrano divenute inutili, figlie di un tempo andato. Viviamo con la sindrome del ritorno al cinema muto. Poca musica, qualche didascalia e tutto il resto immaginazione. Sangiovanni si ferma perché questa giostra non lo diverte più. Questo dover “postare” quasi ogni ora una fotografia con il sorriso per i suoi follower, questo dover rispondere sempre con benevolenza, questa costruzione degna di un desolante Truman Show, questa vita sempre terribilmente identica a sé stessa, questi giorni che sono, come nel film “Ricomincio da capo”, sempre uguali e tutto ciò che si è fatto il giorno prima sparisce irrimediabilmente il giorno dopo. Sangiovanni si è rifiutato di sopravvivere al giorno della Marmotta, ha voluto dire a tutti – non solo ai giovani – che fuori c’è un mondo da annusare, gente vera da abbracciare e la vera “emoticon” è un tramonto sul mare, un bambino che piange, un bacio rubato, una voce stonata e una stazione pronta ad accogliere tutti i Sangiovanni del mondo. Fermiamoci e smettiamola di fingere. Troviamo la giusta forza per farlo. Come Sangiovanni.