Rubare per fame non è reato – La Nuova Sardegna 6 maggio 2016
Sono sempre le parole a raccontarci le storie. E ci sono storie che sono racconti, piccoli sussulti di una vita quotidiana barattata con la velocità e l’indifferenza.
Sono solchi sempre più sottili che si dimenticano tra le strade della nostra esistenza, presi come siamo dal rincorrere un vuoto sempre più ampio, impegnati a far piroettare le giornate solo intorno a noi stessi. E non ci rendiamo conto che la vita è anche da altre parti.
Una canzone del 1973, peraltro bellissima, di Fabrizio De André diceva che qualcuno ci aveva insegnato “la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ma adesso sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”. Detta così era una bellissima provocazione.
Il furto di cibo, seppure di valore irrisorio, è sempre un furto anche se, ormai si applica l’articolo 54 del codice penale riconoscendo “lo stato di necessità”.
La storia di Roman Ostriakov è diversa.
Molto diversa.
Roman aveva fame. Finito a Genova, tra il mare e la disperazione, alla ricerca di un lavoro che non c’è, con la speranza di trovare qualcuno che si occupasse di lui, che gli desse qualche spicciolo.
Le piroette della nostra vita sfiorano Roman e non lo coinvolgono.
Raggranella qualcosa, giusto qualche euro per un pacco di grissini. Che potrebbero bastare se fossero il complemento ad altri pranzi e ad altre cene. Se fossero il corollario alla normalità. Ma Roman è da qualche giorno che non mangia.
Entra in un supermercato gonfio di colori. Di carrelli e di bambini, di piroette di frutta, verdura, scatolette di tonno, latte. E’ come essere un bambino davanti ad una giostra e non avere nessuna possibilità di poter effettuare almeno un giro.
Niente.
Roman ha quei grissini e sa che non possono bastare. Si guarda intorno: un pacco di wurstel e una fetta di formaggio possono aiutare. Ha un buon metro Roman.
Non ruba in eccesso. Solo quello che gli serve per andare avanti, per continuare a sperare dentro una Genova che si accavalla nei caruggi, nelle strettoie della stazione, dentro una Genova che, come altre città italiane, non comprende queste vite sospese.
Così Roman, con quei pochi centesimi che aveva tasca e quel pacco di grissini, si avvicina alla cassa, con in tasca il pacco di wurstel e il pezzo di formaggio.
Può funzionare pensa Roman. Io pago qualcosa. Verso il mio piccolo contributo. E ho fame.
Però le piroette delle nostre esistenze, a volte, forniscono una forza centrifuga e inghiottiscono, anche se solo per un attimo, le vite degli altri.
Proprio in quel momento un cliente osservava le mosse furtive del povero Roman.
Quello straniero, quell’estraneo, quell’uomo sta rubando. Ha messo qualcosa in tasca. Son tutti così. Entrano e rubano, nascondono, non pagano. Non vogliono pagare. E Roman viene fermato, perquisito, scoperto. Denunciato e condannato per 4 euro e 7 centesimi.
Non si ruba neppure quando si ha fame. Sono quei processi dove, davvero, nessuno riesce a trovare le parole. Neppure il Pubblico Ministero che, per mestiere, deve chiedere la condanna.
Sei mesi di carcere e 100 euro di multa.
Però, ed è per questo che la storia deve essere raccontata, il Procuratore della Corte d’Appello di Genova si rivolge alla Cassazione per chiedere uno sconto di pena e la derubricazione del reato da furto lieve a tentato furto.
La Cassazione con la sentenza 18248 scrive una pagina che ha dell’incredibile: assolve Omar Ostriakov perché “il fatto non costituisce reato”.
Non sappiamo che fine ha fatto il povero Omar, trentenne senza fissa dimora. Magari vive nelle strade d’Italia e non sa che rubare quando si ha fame non è più un delitto. Non lo dice solo De André, ma anche un giudice. Una piccola storia che costruisce una morale: la dignità non si condanna.