Non basta chiedere scusa. (La Nuova Sardegna, 29/11/2023)
Non chiedo scusa come uomo, come padre, come figlio. Non chiedo scusa perché sarebbe troppo facile, liberatorio. Non lo chiedo perché non sarebbe giusto e perché non è questo il modo di affrontare un argomento così complesso e doloroso. Non chiedo scusa per tutti quelli che in questi giorni hanno parlato, hanno pontificato, urlato, trovato soluzioni; per tutti quelli che, come sempre, vogliono rispondere al sangue con il sangue, al dolore con il dolore, alla disperazione con la cattiveria. Non chiedo scusa a Giulia e a tutte le altre vittime di un disegno antico ed assurdo, di una cavalcata che parte dal medioevo e non fa troppa strada.
E’ vero: non tutti gli uomini sono stupratori ma tutti gli stupratori sono uomini e sono uomini che odiano le donne. Ma non solo. Il punto di partenza non può essere il punto d’arrivo. Non saranno le leggi, i post con le frasi fatte, le poesie – seppure bellissime – a modificare il ponte tra l’uomo e la donna, perché i pilastri su cui si fonda sono incrostati da un modus operandi che è difficile da sradicare ed è un misto di maschilismo e società patriarcale, di indifferenza e sorrisetti per quello che, molte volte, viene vista solo come sottile ironia e non, invece, come una ferità alla dignità della persona. E’ facile chiedere scusa e lavarsi la coscienza con acqua sporca di mille contraddizioni, è facile dire che la scuola se ne deve occupare e lo dicono quelli che poi, la mattina successiva, si presentano con i forconi perché il loro pargolo ha rimediato un quattro in geografia. Non chiedo scusa a Giulia e alle altre donne uccise in maniera barbara da uomini piccoli e insignificanti ma, in ogni caso, complessi. Non chiedo scusa perché sono abituato ad osservare le contraddizioni di chi commette un delitto efferato, sono abituato a soppesare i silenzi e le parole degli assassini. L’unica persona che poteva scagliarsi contro Filippo, il presunto assassino di Giulia, era il padre della vittima. E non lo ha fatto. Anzi, ha dimostrato una dignità inconsueta, frutto del dolore ma non dell’odio. Ha semplicemente dichiarato che è una tragedia enorme, indicibile e lo è anche per i familiari di Filippo. Anziché chiedere scusa sarebbe necessario comprendere quali passi si debbano fare davanti a tutti i femminicidi e non rilasciare semplici dichiarazioni di sgomento e di condanna.
Il padre di Giulia ha dimostrato di avere il senso della misura in un momento dove la parte razionale poteva non prevaricare, ha dimostrato di essere una persona adatta alla riflessione, alla mediazione, all’analisi di una tragedia che coinvolge tutti. Non chiedo scusa per quelli che imperterriti sperano di buttare la chiave per i Caino che vengono condannati, convinti di poter risolvere il problema; non posso chiedere scusa alle donne che aspettano delle risposte certe, chiare dai legislatori che, invece, balbettano, farfugliano, si muovono scomposti. E, al massimo, chiedono scusa. Giulia e tutte le Giulie uccise non hanno bisogno di scuse, non si aspettano risposte tiepide o inasprimenti di una pena. Giulia attendeva da noi non le nostre scuse ma la speranza che lei fosse l’ultima delle vittime. Così non è stato, così – purtroppo – non sarà. Dico a tutti: quando vedete atteggiamenti negativi sui posti di lavoro che sfociano nel maschilismo, quando sentite le frasi dette e non dette, quegli appellativi che tanto piacciono ai maschi, quando vedete nel vostro condominio il volto triste di una ragazza, non ponetevi in condizioni di chiedere scusa dopo. Agite, fate sentire allo spiritoso di turno che quel comportamento può sfociare in violenza, provate a parlare con la vostra vicina, suggerite a chi sapete di essere una persona pronta ad utilizzare le mani di rivolgersi ai centri di ascolto per maschi violenti. Questo dobbiamo fare e ce lo ha insegnato Elena, la giovane sorella di Giulia: basta silenzio, basta chiedere scusa. Facciamo rumore e facciamolo in maniera che si senta, sia chiaro, definitivo. Facciamolo per Giulia. E non solo.