Nessuno parla con Caino. (La Nuova Sardegna, 24 gennaio 2019)
Non è facile stare dalla parte di Caino e non è semplice provare a districarsi nelle viscere dell’ignoto e dell’orrore. Subire un torto, anche minimo, comporta sempre una serie di ripercussioni che possono sfociare in atteggiamenti che in situazioni normali non verrebbero mai attuati. Le ragioni di Caino non sono mai le nostre: nell’attimo in cui sulla soglia di casa appare colui che è stato designato come colpevole non c’è scampo e scatta, da subito, quell’atavico desiderio di vendetta, di dover mettere sulla bilancia la stessa cattiveria, lo stesso sangue, lo stesso terrore che egli ha prodotto. Non è facile salutare Caino, figuriamoci provare ad ascoltarlo: praticamente impossibile davanti alla ferita fresca, all’assassino di un proprio parente, al trucidatore del proprio figlio. In quel frangente non ci sono spazi per nessuna discussione: Caino è il reietto da eliminare, da calpestare e distruggere; non possiamo – in quei momenti – raccogliere le parole. Però, con Caino ci dobbiamo fare i conti. Possiamo anche augurargli di marcire in galera – previsione giustificabile in quei frangenti – ma questo non ci restituirà nessun figlio e nessuna madre. Parlare di Caino è come camminare sui fuochi ardenti o su una scivolosissima lastra di ghiaccio: sarai anche tu, in un attimo, carnefice. Lui, però, con il fardello del suo reato, con il rimorso che lo divora è lì, in quel non luogo chiamato carcere. Possiamo buttare la chiave, possiamo limitare i suoi spostamenti, possiamo riprodurre l’inferno che ha disegnato per le sue vittime innocenti, ma non ci sentiremo meglio. Uccidere Caino è una sconfitta per uno Stato che regola la sua asticella legale sulla giustizia e non sulla vendetta. Nessuno può costruire il male e nessuno può riproporlo a chi ha rubato, rapinato, violentato, sequestrato, ucciso. Ci sono percorsi lunghi, orribili, difficili, pesanti, dove Caino deve assolutamente passare e deve trovarci fermi, risoluti, inflessibili ma disposti ad ascoltarlo. Non sono le ragioni ad interessarci – ognuno può avere le sue – non sono neppure le giustificazioni per ciò che è assolutamente ingiustificabile: Caino è il male assoluto, il pessimo esempio per tutti, l’errore da mostrare e non ripetere, è sangue coagulato di troppi delitti e di poche riflessioni ma, in ogni caso, è una persona pensante. Come noi, quanto noi. Noi che non vogliamo sentire ragioni davanti all’abbandono di un minore ed accettiamo quasi passivamente che dei bambini vengano lasciati soli in balia del mare e delle onde, noi che non accettiamo nessun gesto cattivo e offensivo nei confronti dei nostri nonni e permettiamo che degli uomini vivano all’addiaccio delle nostre città. Anche noi, con questi gesti, con i nostri silenzi finiamo per abbeverarci nella stessa fontana di Caino, anche noi camminiamo dentro mille contraddizioni. Ciò non significa che dobbiamo assolvere chi si macchia di un delitto: dobbiamo, invece, essere fermi nella condanna, ma dobbiamo – con la stessa forza – costringere il reietto Caino a cercare nuove strade. Il grido di dolore, di sofferenza vera di una madre contro gli assassini del proprio figlio è il primo fotogramma di un lungo percorso. Chiedere di vedere gli assassini marcire in galera è lecito nell’immediato. Non lo è nel lungo periodo. La galera è l’unico orizzonte per degli assassini: che non sia inutile. Se nessuno spiega che essere Caino comporta una serie di ripercussioni negative, se nessuno prova a proporgli una strada diversa, più lunga, dolorosa; se nessuno comincia a rimettere a posto quei pezzi tutti alla rinfusa lasceremo Caino al suo destino, sarà corroso dalla sua stessa cattiveria e dalla sua inconsapevolezza sociale. Lasciando sullo sfondo quell’urlo sacrosanto di una madre che oggi, in questo momento, ha il diritto di chiedere le cose peggiori per chi gli ha massacrato il figlio, proviamo con tutte le remore che si hanno davanti a due minori che hanno commesso un delitto, a sederci dalla parte del torto ed ascoltare Caino: per fare giustizia e non semplice vendetta.
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