Le tende della discordia (La NUova Sardegna, 15 maggio 2023)
Quelle tende issate tra le piazze e la gente, da studenti universitari fuori sede che non riescono più a pagare l’affitto raccontano, se ancora ce ne fosse bisogno, l’assoluta indifferenza di chi, per anni, non ha inserito nell’agenda politica il problema della crescita culturale del paese. Non l’ha analizzato, non l’ha compreso, non ha voluto ascoltare i segni del degrado, delle difficoltà da parte di una generazione abbandonata, dimenticata e da dimenticare. Non c’è stata nessuna visione in quanto da anni la politica ragiona sul “qui ed ora”, non è interessata a scommettere sul domani, figuriamoci se gioca le sue carte su un qualcosa che andrebbe pianificato e spalmato in molti decenni. Quelle tende tra le piazze e la non curanza di molti raccontano qualcosa che non è superfluo; quelle giovani persone utilizzano un mezzo di comunicazione potentissimo: l’immagine ed il silenzio. Non è necessario, infatti, scrivere un comunicato, organizzare una conferenza stampa, mettere insieme cattedratici per un convegno. Quelle tende si sostituiscono al linguaggio verbale ed entrano, di prepotenza, nell’ampio dominio dei segni. Lo dico perché mi è venuto in mente l’articolo che Pier Paolo Pasolini pubblicò il 7 gennaio 1973 nel Corriere della Sera col titolo “contro i capelli lunghi”. Lo scrittore riconosce nei giovani che, a quei tempi, portavano i capelli lunghi “un linguaggio privo di lessico, di grammatica e di sintassi” ed era “il linguaggio della presenza fisica che da sempre gli uomini sono in grado di usare”.
Quelle tende costruiscono un mondo di segni e di segnali. Ci svelano, con immediata semplicità, un disagio vero, reale, un problema complesso a cui nessuno aveva posto troppa attenzione. E’ una protesta radicale, è un rifiuto alle promesse, ai giri di parole, agli incontri su tavoli inutili dove la polvere, dopo qualche giorno, continuerà a depositarsi sul dossier “affitto studenti”.
Quelle tende sulle piazze ci raccontano un’altra cosa, forse la più drammatica e che ci tocca da vicino: i nostri giovani, i sardi, hanno una grandissima difficoltà non solo per viaggiare e spostarsi velocemente, ma anche per studiare in altre università sparse per l’Italia. Qualcuno potrebbe ribattere che i giovani sardi bene farebbero a studiare negli atenei sardi e la risposta, in questo caso è ancora più disarmante: anche a Cagliari e a Sassari il problema del caro affitti esiste per i famosi “pendolari” ai quali va aggiunta l’impossibilità di utilizzare mezzi pubblici rapidi per raggiungere le università delle due città metropolitane, perché i politici isolani che tanto si impegnano (con scarsi e sterili risultati) nel garantire la continuità territoriale non hanno mai, da decenni, scommesso sulla viabilità interna ed ancora oggi uno studente di Nuoro che volesse recarsi presso la facoltà di medicina o psicologia di Cagliari giunge al capoluogo dopo diverse ore ed è costretto, dunque, a cercare una casa in affitto a prezzi ormai proibitivi. Davanti a quelle silenziose tende la processione politica prova a giocare a “scaricabarile” e il ministro Giuseppe Valditara afferma che “il problema del caro affitti è grave, ma tocca le città governate dal centrosinistra”. Ora, a parte che siffatta affermazione non merita commenti, nel caso di Sassari e Cagliari, per esempio, il governo appartiene attualmente a coalizioni di centro destra e, sinceramente, buttarla sulla colorazione politica, in un sistema democratico dove è possibile l’alternanza degli schieramenti, non sembra davvero un’analisi acuta e oggettiva. Bene farebbe il ministro a provare a muoversi su altri fronti, provare a verificare, con l’agenzia del demanio, se ci sono soluzioni alternative (esistono caserme vuote che potrebbero essere riattate a miniappartamenti, per esempio) e cominciare ad occuparsi, davvero, di ciò che quelle tende piantate sulle nostre coscienze provano a dire. Ma qui, sulla nostra isola pensiamo al turismo estivo e senza nessuna organizzazione riusciamo a dire in maniera sgrammaticata “mi raccomando, portate gente”.