L’Asinara, un tesoro come Alcatraz (La Nuova Sardegna, 21 luglio 2011)
Il rischio è quello di perdersi un pezzo importante della storia nazionale. Quella dolorosa del terrorismo rosso e nero, degli attentati e dei sequestri di persona, della mafia e del 41 bis, dei boss che – a distanza di tanto tempo – sono ancora sulla scena giudiziaria italiana. Tutto questo è l’Asinara: un carico di cultura e di ricordi che solo la costruzione di un museo può salvare.
Sono passati circa quattordici anni da quando è stato istituito il Parco nazionale (un po’ anomalo, agganciato a quello del Gennargentu che è rimasto un parco a metà), e del museo carcerario se n’è giusto parlato timidamente qualche volta. Ma il progetto non è mai stato preso in seria considerazione, e dire che il ministero della Giustizia e l’amministrazione penitenziaria hanno a disposizione una quantità enorme di documenti che potrebbero essere accolti in una mostra negli ambienti del supercarcere di Fornelli. La visita – rispetto a ciò che avviene oggi – avrebbe ben altri significati, e i numeri che rimbalzano da realtà per certi versi simili – come Alcatraz, nella baia di San Francisco – sono emblematici. I turisti impazziscono per visitare il carcere di Al Capone dopo il tramonto: tutto prenotato fino al 28 agosto per le passeggiate nel famigerato penitenziario risorto come meta turistica che vale 40milioni di dollari l’anno. Quasi due milioni di persone ogni anno prendono il battello, pagano 26 dollari di giorno e 33 la sera, per il gusto di entrare in un penitenziario dove la leggenda vuole che nessuno sia mai scappato. All’Asinara, invece, c’è anche chi – come Matteo Boe di Lula – è riuscito ad andarsene. Insomma ce l’ha fatta a beffare i controlli, e questo aggiunge un fascino in più. Giampaolo Cassitta, funzionario del ministero della Giustizia, per lunghi anni in servizio all’Asinara, scrittore (alcuni suoi libri riguardano proprio l’isola-carcere), ci crede fermamente nel museo carcerario. E allo stesso tempo non riesce a farsi una ragione del perchè il progetto non sia mai decollato.
«Avevo dato la mia disponibilità a costruire il museo – racconta Giampaolo Cassitta – a portarci la storia e l’anima, a riempirlo di passione. Però non ho mai ricevuto risposte». Non c’è polemica nelle parole di Cassitta, forse solo la preoccupazione che con il passare degli anni «la storia comincia a scolorirsi. Non riusciamo a difendere le nostre cose e a presentarle agli altri – dice -. E chi non riesce a raccontare il passato non può costruire nessun futuro». Quando l’Asinara è stata chiusa, i documenti sono stati trasferiti nel carcere di Alghero (nominato «ufficio stralcio»). Giampaolo Cassitta anticipa che c’è già una attività avviata per una iniziativa battezzata «Astracas» (Asinara, Tramariglio, Castiadas: tre colonie penali ricche di storie umane) con il recupero dei documenti che potrebbero essere consegnati all’Archivio di Stato per essere esposti nel museo dell’Asinara. Due studenti universitari prossimi alla laurea hanno lavorato alla realizzazione di un archivio che, per il 10 per cento, è già disponibile: «Si potrebbe cominciare subito – afferma Cassitta – sistemando delle teche e rendendo visibili dei materiali straordinari». C’è, per esempio la lettera di un detenuto che, negli anni ’40, scrive al suo avvocato Giancarlo Pajetta e lo chiama Grande compagno. Alcuni passi avanti sono stati fatti nella direzione del museo che verrà: «Siamo in contatto con la Regione – racconta Cassitta – per ottenere degli scanner e consentire ai detenuti di lavorare e, allo stesso tempo, di dematerializzare i documenti per l’archivio storico. Tutto dovrebbe poi finire in un Dvd». Certo l’Asinara ha un fascino superiore a tutte le altre realtà, anche fuori dalla Sardegna. «Ho molti ricordi – sottolinea Cassitta (che fin da bambino coltiva l’amore per le raccolte: dalle figurine Panini a Tex Willer, dal mitico Cico di Zagor agli Lp di De Gregori e Deep Purple) -, raccogliere è dimostrare di esistere, abbracciare i propri totem, debellare i tabù. Raccogliere significa aver seminato, arato e atteso. Se non ci fosse chi ha raccolto e seminato, oggi vivremmo in un mondo in bianco e nero». Giampaolo Cassitta se li tiene stretti i ricordi.
«Sì, ho anche foto, racconti che non ho scritto, documenti che potrebbero costituire un pezzo del museo. E conosco altre persone che sarebbero d’aiuto. Il museo criminologico di Roma, per esempio, sarebbe ben disposto ad aiutare il Parco nazionale dell’Asinara, a ripristinare un piccolo angolo di storia dentro un’isola visitata essenzialmente da persone curiose che vogliono sapere, conoscere non dove si annida la centaurea horrida (pianta decisamente e sicuramente importante): vogliono soprattutto sapere di Totò Riina, di Raffaele Cutolo e Matteo Boe, dei brigatisti e della rivolta di Fornelli, dei cattivi e dei buoni, dell’asino Bobò e dove è sepolta la piccola Marta. Ecco, credo che il museo possa avere occhi per tutti. E raccontare le storie».
Al museo criminologico di Roma c’è la valigia della spia del 1800, ma anche i guanti e le tute utilizzate dai terroristi per il sequestro di Aldo Moro. All’Asinara – tanto per dirne una – si potrebbe ricostruire (anche in 3D) la “cella 23” di Fornelli, quella dalla quale partì la scintilla della rivolta dei brigatisti del 1979 contro lo Stato. Forse serve una forza centrifuga con Comune di Porto Torres, Regione e Parco nazionale dell’Asinara per dare gambe al progetto. Per creare i percorsi della memoria che la gente vuole vivere, oggi più di ieri. E in questa impresa, può essere d’aiuto proprio l’esperienza di Alcatraz: perchè i turisti fanno la fila per finire dietro le sbarre al calare della notte? Paolo Mastrolilli, l’altro giorno ha scritto, “forse perchè Alcatraz non perde mai di attualità”. È così, e anche l’Alcatraz-sarda è sempre attuale.