La ragazza di cioccolato (La Nuova Sardegna, 25/8/2023)
Chocolat, il bellissimo e romantico film interpretato da Juliette Binoche, in questa storia non c’entra e la donna, al centro di un grande vassoio ricoperta di cioccolato con dei pasticcini intorno è una di quelle figure retoriche “cafonal” di cui tutti ne avremmo, davvero, fatto a meno. Eppure è accaduto presso un resort Alpitur a Golfo Aranci. La ragazza in bikini è rimasta stesa sul tavolo dei dolci per almeno mezz’ora, affinché tutti potessero immortalarla con una di quelle foto da postare sui social e vivere vaporosi nell’attimo fuggente. Senza pensieri, senza riflessioni. Così, come se fosse normale, come se fosse lecito, senza nessun pudore, senza nessun senso etico, quasi voler ritornare indietro, giorno dopo giorno, spostando paletti delle vecchie e piccole conquiste su un’ipotetica parità di genere. In un attimo siamo ritornati a quando Elena Giannini Belotti – era il 1978 – ci raccontava nel bellissimo libro “dalla parte delle bambine” l’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita. Tanto lavoro certosino per provare a parificare e levigare le differenze distrutto da un’idea che qualcuno ha apostrofato come “strafiga”: una donna ricoperta di cioccolato. Mi chiedo: perché vi è venuta in mente questa trovata? Quali fili sottili avete toccato? Da dove siete partiti, da quale passaggio formativo avete tirato fuori questa cafonata creativa? Cosa vi ha portato ad effettuare questa scelta e, soprattutto, cosa volevate dimostrare? Questo continuare a rappresentare la donna come un semplice oggetto, muto, silente, disponibile, immateriale. Chi vi ha suggerito questa lettura antica, antiquata, infantile, orribile e oltremodo superata? Possibile non vi sia venuto in mente di spalmare del cioccolato su un bel maschietto, tenendo comunque presente che, in ogni caso, anche questa “ideona” era fuori luogo? Insomma: la rappresentazione plastica di una donna cosparsa di cioccolato è la dimostrazione che la strada per la parità di genere è in salita, soprattutto in questi ultimi tempi dove assistiamo a stupri di gruppo, a novelli Cesare che provano a spiegare come il mondo sia al contrario. Si poteva evitare? La Sardegna non aveva certamente bisogno di una pubblicità di questo tipo e non è stato edificante leggere su tutti i quotidiani e sui social una notizia del genere collegata in qualche modo al turismo della nostra terra, anche perché si fa presto a generalizzare e a esprimere giudizi affrettati su un modello di accoglienza che non solo non può essere quello sardo, ma non deve esserlo per nessuno. Abbiamo la necessità di presentare i nostri prodotti nel modo più semplice e più etico. Abbiamo il dovere di raccontare la nostra terra con rispetto e non si può pensare ad una trovata di cattivo gusto come questa. La direzione dell’albergo si è scusata, pare siano alla ricerca di un nuovo manager per il prossimo anno. E’ un piccolo passo avanti ma non basta. Il problema è atavico ed è legato alla nostra educazione. C’è ancora troppa gente in giro che pensa che la donna sia a disposizione del “maschio”, che sia un diritto deriderla, palpeggiarla, denigrarla, insultarla perché, in fondo, è solo uno scherzo. Presentare una performance dove in un enorme vassoio c’è una ragazza in bikini ricoperta di cioccolato con intorno tantissimi dolci è il ritorno al passato, è la dimostrazione che ancora si alimenta il mito del maschio “alfa”, del cacciatore, di quello che può permettersi di umiliare l’universo femminile con una trovata spacciata come “creativa” e che, invece, è un insulto alla decenza e al buon gusto. Sono un goloso di cioccolato, son cresciuto con il mito della Nutella e ho sempre associato al barattolo una bella fetta di pane, quello prodotto con il grano duro, della nostra terra.
Osservando la foto della povera modella cosparsa di cioccolato ho provato vergogna, ribrezzo e ho pensato che oggi, più che mai, dovremmo cominciare a stare dalla parte delle bambine.