La bellezza dell’amore (La Nuova Sardegna, 5 Dicembre 2019)
Un detenuto un giorno mi disse: “Noi malati di AIDS siamo come lattine vuote, la nostra vita è succhiata con una cannuccia di plastica”. Ci ho riflettuto perché, come ogni anno, il primo dicembre si riparla di questa malattia che ha divorato pezzi di generazioni, che ancora non è stata debellata. Ed ogni anno, puntualmente, c’è sempre qualcuno che prova a minimizzare, a dire che, in fondo, è una malattia che riguarda solo alcune categorie: gli eroinomani e gli omosessuali. A quel detenuto, quel giorno risposi che, forse, conveniva bere da una bottiglia di vetro trasparente e non avere paura. Lui era eroinomane, per colpa del passaggio delle siringhe si trovò davanti al baratro.
Erano anni maledetti quelli tra il 1985 e la metà degli anni novanta. Morirono in tanti per colpa di un gesto che tra gli eroinomani significava “fratellanza”, bucarsi insieme era un modo come un altro per sputare su un mondo che li considerava ultimi. Poi si disse che il problema non era soltanto legato all’eroina che la “sindrome da immunodeficienza acquisita” era qualcosa di molto pericoloso legato anche ai rapporti sessuali. Tutti i rapporti.
Così, da quel 1984, quando l’istituto francese Pasteur identificava ufficialmente il virus dell’Aids, sono trascorsi molti anni all’insegna della paura e della prevenzione. Non si comprende perché pochi ormai ne parlino, così come non si parla più di eroinomani, eppure l’Aids non è stato sconfitto e le droghe continuano a mietere nuovi clienti tra gli adolescenti. E’ davvero interessante osservare i dati di una rivelazione statistica effettuata dalla Lila di Cagliari all’interno delle scuole del capoluogo dove sono stati intervistati 457 studenti: 137 di loro hanno avuto almeno un rapporto sessuale e il 75% dei ragazzi ha dichiarato che “la prima volta” era prima dei 15 anni. Il problema – ed è questo lo scandalo – è che oltre il 60% non ha utilizzato il profilattico. Molti di loro non sanno che il preservativo è uno strumento indispensabile per proteggersi dal contagio e alcuni di loro – meno del dieci per cento, per fortuna – sono convinti che l’Hiv possa colpire solo omosessuali, tossicodipendenti e prostitute. Oltre la metà degli intervistati non sa che le persone con HIV con carica virale soppressa non trasmettono il virus.
I ragazzi hanno cuori viaggianti e veloci come è normale per i loro tempi. Cuori che osano e che costellano il loro mondo in un misto di ribellione adolescenziale, amore eterno e gusto della scoperta per il sesso. Cose normali, cose da ragazzi, utili e indispensabili per la crescita di ognuno di loro. Leggono poco, sono distratti, sempre interconnessi sui social da dove attingono la maggioranza delle notizie. Oltre il 43% dei ragazzi sardi intervistati ha dichiarato che i social media e i media tradizionali sono la principale fonte di informazione e questa pare essere una piccola contraddizione nel mondo del “sempre connesso”. E’ probabile che nel villaggio globale si parli poco di queste problematiche o se ne parla male. Difficilmente si possono reperire, in rete, analisi serie sulla realtà dell’Aids, sulle nuove scoperte scientifiche, sulle possibilità di contagio. Occorre navigare in siti specializzati e quando si trovano argomenti sulla materia sono poco leggibili, poco interessanti per i nuovi occhi degli adolescenti che necessitano di percorsi guidati diversi da quelli cui siamo stati abituati.
I social sono un buon veicolo per raccontare le storie: è necessario che siano brevi, vicino al loro mondo, semplici, chiare e coinvolgenti.
I giovani vogliono essere protagonisti sul palcoscenico della vita; non accettano lunghe catene di parole, a volte incomprensibili. Però – ed è questo il punto – devono necessariamente cominciare un serio percorso di formazione e lo devono fare con gli adulti: siano docenti o genitori il tragitto da tracciare è quello della prevenzione: capire senza demonizzare, parlare apertamente con loro dell’eroina, dell’Aids, dei preservativi e della bellezza di fare all’amore.