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Il problema è sempre un altro (La Nuova Sardegna, 27 maggio 2017)

Il problema è sempre un altro (La Nuova Sardegna, 27 maggio 2017)

Il problema è sempre un altro. Lo si sente più spesso quando si analizzano argomenti neppure tanto complessi. Lo si afferma quasi a voler esorcizzare il nostro non sapere o non voler conoscere. I vaccini obbligatori? Il problema è un altro. La continuità territoriale? L’aeroporto di Alghero che non riesce a decollare? Il problema, a quanto pare, è sempre un altro. A ben vedere è solo un modo per non affrontare i problemi. Indro Montanelli – che di italiani se ne intendeva – era solito ricordare che qualora ci fosse stata la fine del mondo e Dio sarebbe sceso sulla terra a fare i conti, gli italiani avrebbero chiesto una proroga o avrebbero comunque ricordato al buon Dio: “il problema non è la morte. Il problema è un altro”. Provate ad ascoltare i politici nelle varie trasmissioni televisive o leggere i loro post sui social. Alcuni di loro urlavano quando Roma non veniva pulita da Marino considerato un pessimo sindaco. Adesso, gli stessi politici che chiedevano la decapitazione in piazza di Ignazio Marino, affermano candidamente che il problema di Roma non è la “mondezza”, il problema è un altro. Quando siamo figli dell’opposizione siamo disposti a cercare i cavilli nei meandri dei decreti pasticciati che ormai quotidianamente vengono sfornati da un governo sempre più aggrovigliato nei commi e nei rimandi. Quando, invece, ci mettiamo a governare, siamo capaci di spostare l’asticella sempre verso l’alto e rispondere che i problemi sono “altri”. Mai, neppure per sorridere, che un responsabile di qualcosa dica candidamente: “ho sbagliato” e chiedendo scusa lascia la poltrona libera. Siamo un popolo di “criticoni”, è vero, e siamo più predisposti all’insulto e non al dialogo. Siamo bravissimi a dire che “così non si fa” ma non siamo capaci di suggerire come si dovrebbe fare. Prendiamo, per esempio, la questione dell’aeroporto di Alghero che dovrebbe rappresentare un volano per l’economia del nord Sardegna. Ci sono stati errori, pianificazioni completamente sbagliate, deleghe in bianco lasciate alle compagnie aeree, e ogni qualvolta si paventava l’ombra di un fallimento per scelte politiche completamente errate (l’aeroporto era, fino a poco tempo fa, sovvenzionato con soldi pubblici) si bussava alla cassa della Regione per appianare il debito. Così (ma nessuno lo ha mai detto chiaramente) quel biglietto in continuità territoriale che ci illudevamo di pagare 130 euro ci costava almeno il 30% in più perché per salvare l’aeroporto si utilizzavano i soldi regionali, quelli dei sardi. Pagavamo quel biglietto a prezzo intero. Se provate a raccontare che questo mostro è nato negli anni 2000, nel periodo della deregulation, quando al governo c’era chi oggi urla contro tutti i sindaci e gli assessori, si sentirà rispondere, sempre candidamente: il problema è un altro”. Così come la nomina del commissario unico dell’azienda sanitaria regionale: chi dice non sia bravo, qualcuno suggerisce che non sa ascoltare e sicuramente non riuscirà a risolvere il problema dei debiti in Sardegna e sull’isola c’erano fior fiore di professionisti ma la giunta non ha neppure analizzato i curriculum. La realtà (e non il problema) è davvero un’altra: in mano ai politici e professionisti la sanità sarda è tragicamente caduta mostrando, purtroppo, sacche di qualità pessime con costi altissimi. A ridurla in questo stato non è stato (e non poteva essere) il Professor Moirano, in quanto l’agonia dura ormai da anni. A ridurla in questo stato sono stati tutti i politici che si nascondono nei vicoli del potere, che disquisiscono, rintuzzano, affermano che solo un sardo può ricoprire quel ruolo e quando gli chiedete il perché, quando gli si fa notare che negli anni tutti i direttori generali della Asl erano sardi vi risponderanno laconicamente: il problema è un altro. Questi sono i fatti. Ma i fatti, come scriveva Sciascia sono sacchi vuoti, bisogna metterci dentro l’uomo, la persona,  perché stia su. E abbiamo bisogno di persone che non dicano “il problema è un altro”.