I bambini colorati e la costituzione italiana. (La Nuova Sardegna, 3 aprile 2024)
Chiedete ai bambini se ci deve essere discriminazione tra religioni e loro, nella loro innocenza e splendore, negheranno, affermando che ciascuno deve festeggiare il proprio Dio e nessuno pensa di dover ordinare una gerarchia per chi sia il migliore. Per il secondo anno, partecipo al progetto promosso dal Rotary Sassari Nord sul portare la Costituzione italiana nelle scuole primarie. Lo scorso anno ho incontrato i bambini delle scuole elementari di Sorso e quest’anno una quinta elementare con alcuni ragazzi delle prime medie di San Donato. Quell’aula dipinta, quegli sguardi limpidi, mansueti, quel desiderio di partecipare, di esprimersi e dimostrare di possedere idee limpide sin da tenera età mi ha colpito e conquistato.
Essi, il concetto di eguale dignità sociale, lo portano impresso nella mente e nell’anima: sono pakistani, rumeni, indiani, senegalesi, egiziani, siriani, italiani e non percepiscono alcuna distinzione.
Discutendo dell’articolo 3 della Costituzione, hanno mostrato ai ‘grandi’ di essere ben più avanti di coloro che quotidianamente cercano di segmentare il mondo degli uomini in caste distinte.
Recentemente, trattando il tema della fede, hanno condiviso le loro esperienze, divisi tra cattolici, ortodossi, musulmani, copti e evangelici. La vicenda della scuola di Pioltello, borgo alle soglie di Milano che ha scelto di celebrare la fine del Ramadan, è stata il fulcro del dibattito e Francesco, Alessandra, Fathima, Minour e tutti gli altri (i nomi sono di fantasia) hanno plaudito alla decisione dei maestri e del preside. ‘Noi esultiamo nel festeggiare il Natale,’ ha esclamato Fathima, ‘ed è magnifico che anche gli altri celebri la fine del Ramadan.’
Il confronto tra i ‘grandi’ si aggira su questioni più complesse: la cultura, la tradizione, l’obbligo di accettare, per gli stranieri, lo status quo o, persino, ‘lo stato dominante’. Tutte argomentazioni che sembrano assai remote se riferite ai bambini della scuola di San Donato, un quartiere di Sassari che indubbiamente affronta molteplici problemi di integrazione sociale ma che possiede anche grande ricchezza. A partire dalla religione, si svelano molte verità: il desiderio di questi bambini di giocare, di essere curiosi, di tentare di vivere in una nazione che sentono fortemente e fieramente ‘la loro’.
Sono nati in Italia e si reputano italiani. E lo sono. Parlano con gli accenti dei nostri luoghi e ne assimilano le usanze (molti di loro adorano la ‘gioghitta’); conoscono le melodie di Alessandro Mahmoud: ‘È egiziano e di Orosei. Dunque è italiano.’ I bambini colorano le tele con pennelli ampi e riescono a dipingere il mondo con tutte le sue diversità.
Sanno che la Repubblica Italiana riconosce il diritto al lavoro e anche le minoranze linguistiche. Quando si discute del diritto di manifestare il proprio pensiero e la propria parola, i bambini di San Donato sono decisi e lo esprimono: ‘Occorre prestare attenzione alle fake news,’ afferma Marco, ma ‘per quanto concerne la religione,’ sottolinea Nemis, ‘hanno ragione tutti.’
Ascoltandoli sostenere che il Natale e il Ramadan sono festività gioiose per i bambini, che Gesù per i musulmani è un profeta, che i loro genitori pregano per la pace e che ciascuno deve venerare il Dio in cui crede, si resta quasi senza fiato. L’idea di un ministro che manda ispettori a verificare la scelta della scuola di Pioltello rappresenta una sconfitta per il paese, per i bambini, per la fede, per l’inclusione e non favorisce la mediazione.
I bambini di San Donato, a Sassari, sono lì a ricordarci: con la loro vivacità, con la loro autenticità, con l’enorme pazienza delle maestre, abili a tessere la tela delle opportunità. E, a proposito di fedi, un tempo un uomo disse con tono deciso: ‘Lasciate che i bambini vengano a me.’
Sono loro a dover narrare del futuro e i bambini di San Donato hanno idee limpide sulla dignità, la libertà e la religione.
Perché conoscono la Costituzione italiana.”