Doddore Meloni, l’indipendentismo e lo sciopero della fame (La Nuova Sardegna 11 luglio 2017)
Grande è il disordine sotto il cielo ma la situazione, a dispetto di quello che pensava il rivoluzionario cinese Mao Tse Tung, non è proprio eccellente.
La morte dolorosissima di Doddore Meloni non è da attribuire al carcere e tantomeno alla sua fede indipendentista. Meloni era stato condannato per ragioni fiscali: la sua pena, frutto di un cumulo giuridico era di cinque anni per il reato di bancarotta per distrazione e quella condanna era definitiva. Le porte del carcere erano diventate obbligatorie in quanto superavano di un anno la possibilità di ottenere dei benefici. Non intendo entrare nel merito della condanna e dell’innocenza sempre dichiarata da Meloni. La sentenza era passata in giudicato e a quel punto andava “onorata”.
Doddore Meloni sotto questo profilo è stato uomo d’onore e aveva deciso di consegnarsi spontaneamente in carcere e lo ha fatto dichiarando, da subito, di voler intraprendere lo sciopero della fame che ha attuato sino alla sua morte avvenuta in ospedale, a Cagliari.
Questi sono i fatti.
Intorno alla morte di Doddore Meloni c’è stata una vera e propria rincorsa ad accusare o assolvere chi di questa vicenda si è occupato. C’è stato anche chi, attraverso un appello al Presidente della Repubblica, ha chiesto gli arresti domiciliari e negarli, nel caso di Doddore significava: “negare nei fatti la possibilità di cure adeguate, per un caso che non presenta elementi di pericolosità sociale, rischi di fuga né di reiterazione del reato”.
E’ evidente che l’Onorevole è incorso in un errore in quanto gli arresti domiciliari non possono essere concessi a detenuti con la pena passata in giudicato, ma non è solo questo il punto. C’è stato anche chi ha accusato lo Stato di avere infierito e perseguitato Meloni a causa delle sue idee. Non entro nel merito della questione, mi limito ad osservare che i reati per i quali Meloni è stato condannato non c’entrano assolutamente nulla con le idee, rispettabilissime, che egli manifestava.
Lo sciopero della fame è uno strumento che molte persone utilizzano per evidenziare alcune problematiche e per chiedere di illuminare zone d’ombra che nessuno vuole vedere. Marco Pannella è stato un grande condottiero e utilizzatore dello sciopero della fame.
In carcere questa forma di protesta pacifica e rispettabilissima è catalogata come “evento critico” e significa, in poche parole, che tutti gli operatori del penitenziario devono tenere altissima l’attenzione sull’evento e su quel detenuto. Tutti i giorni, in tutti i penitenziari italiani ci sono detenuti in sciopero della fame per motivi molto nobili: non riescono a parlare con il giudice, non vedono i propri familiari, chiedono da mesi dei permessi, altri intraprendono la strada dello sciopero perché ritengono di essere ingiustamente condannati. E’ l’evento critico più utilizzato in Italia.
Ogni anno ci sono migliaia di detenuti che effettuano lo sciopero della fame. Molti di loro lo sospendono perché riescono a parlare con qualcuno, altri perché, comunque, ottengono il risultato di essere stati rassicurati su quello che chiedevano. Gli operatori, da sempre, si prodigano nel voler mediare tra lo scioperante e le altre persone coinvolte. Il processo di mediazione necessita che il detenuto sia disposto ad ascoltare e comprendere alcuni passaggi giuridici e amministrativi. Sicuramente a Doddore Meloni, come a tutti i detenuti, è stato chiesto di desistere, è stato proposto un programma che prevedeva, per esempio, la possibilità di ottenere dopo il primo anno di detenzione, l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare. Gli strumenti giuridici ci sono tutti ma Doddore ha preferito non utilizzarli. Era un suo diritto non farlo.
Il dovere dello Stato era salvaguardare la sua salute. Nel carcere di Cagliari Uta esiste un reparto simile ad un ospedale e ci lavorano professionisti validi e attenti. Medici, infermieri che quotidianamente affrontano tantissime emergenze. Meloni è rimasto nel reparto ospedaliero del carcere sino a quando il responsabile non ha deciso che, per accertamenti, era necessario un ricovero esterno.
Addolora moltissimo la morte di un uomo che ha deciso coscientemente di continuare sino alle estreme conseguenze. Addolora, comunque, non comprendere alcuni passaggi e gli sforzi che moltissimi uomini, nel silenzio delle mura penitenziarie, effettuano per garantire la salute e la dignità a tutti i detenuti, Meloni compreso.