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Aria ferma. Un carcere che si racconta. (La Nuova Sardegna, 16 gennaio 2022)

Aria ferma. Un carcere che si racconta. (La Nuova Sardegna, 16 gennaio 2022)

Aria ferma è un film del regista Leonardo di Costanzo girato all’interno del dismesso carcere di San Sebastiano, a Sassari. E’ anche un film sul carcere ma è, soprattutto, un film dentro il carcere. Si vive nei silenzi, nei rumori immateriali, la sospensione dell’attesa; è la trasposizione di ciò che il carcere produce da sempre: un panorama senza il sole.
All’interno di una rotonda tirata a lucido si assiste ad una storia minimale come sono molte storie di galera: quel carcere chiuderà e i pochi detenuti rimasti saranno trasferiti in un altro luogo. Bellissima l’idea usare nomi di fantasia per gli istituti penitenziari e le città: in fondo il carcere è un non luogo o, più precisamente, un luogo altro dove pochi vogliono capire e ascoltare.
Ecco, in quella strana decisione che accomuna detenuti e poliziotti penitenziari, tutte le altre figure scompaiono: la direttrice, gli educatori. Rimane uno strano e grigio funzionario ad avallare le scelte che l’Ispettore Gaetano Gargiulo interpretato da un magnifico Toni Servillo dovrà effettuare.
All’interno di quel niente, tra le mura di un San Sebastiano ormai dimenticato si muoveranno, come in uno strano palcoscenico, molti attori e ognuno di loro si giocherà la propria parte.
Il detenuto Carmine Lagioia, un pericoloso camorrista interpretato dal bravissimo Silvio Orlando proverà a giocarsela tra il filo della legge e delle possibilità. Sa benissimo che non potrà competere con gli altri ispettori che camminano su una via giuridica troppo “rigorosa” e sa benissimo che Gargiulo è uomo disposto ad ascoltare.
Così, come d’incanto, i ruoli di miscelano, di confondono, le curve si sovrappongono e quello che pareva impossibile diventa probabile.
Come in carcere.
Esattamente come in ogni carcere d’Italia dove la legge se la gioca tutti i giorni con l’inflessibilità e il buon senso. Dentro la rotonda di un San Sebastiano silente  – che sembra il ventre di una balena –  si assiste all’incontro vero, tra le storie di tutti i giorni che si dosano e si miscelano: per una sera mangeranno tutti insieme detenuti e agenti (non tutti gli agenti, in realtà) e per una sera arriverà anche una bottiglia di vino anche se – e questo è un passaggio bellissimo – il buon Ispettore Gargiulo risponderà che lui non beve in servizio. Le sue magnifiche curve si intersecano con le regole quotidiane, sanno condurre le parole e gli sguardi. Sa benissimo che con Lagioia dovrà mantenere un distacco formale ma sa anche, da buon vecchio Ispettore, che nel carcere sono i modi e i piccoli eventi a gestire la quotidianità.
E’ un film ben costruito, che cammina in una solitudine arcaica: i detenuti attendono un momento che prima o poi dovrà arrivare, gli agenti si preparano a gestire con professionalità quell’avvenimento.
Chi ha letto il deserto dei tartari di Dino Buzzati ritroverà nel film la stessa monotonia, la stessa polvere che non si muove, le stesse identiche situazioni che servono a tutto e non servono a nulla. Lo scenario è quello del carcere di San Sebastiano, giudicato da molti come uno dei peggiori istituti d’Italia. E lo era,  ma si portava all’interno un’umanità bislacca che nei nuovi istituti non c’è più. San Sebastiano era come l’Ispettore Gargiulo: inflessibile con molte curve. Quel carcere dal 2014 è stato chiuso e si è  spostato quel piccolo quartiere a Bancali. Ho sempre pensato fosse un errore.
San Sebastiano poteva benissimo essere ristrutturato, tenuto come passaggio per gli arrestati, sezione per i semiliberi, poteva continuare a pulsare dentro il ventre di una città che ha dimenticato velocemente quelle urla e quei silenzi intensi.
Chi guarda il film aria ferma capisce che in quelle immagini c’è la galera, c’è Sassari, c’è finanche  l’Asinara.
Ci sono gli uomini, ci sono i sorrisi, le contraddizioni, la terribile realtà di un carcere, ci sono sguardi mai compiacenti. E tutto si racchiude nella scena finale dove il poliziotto e il detenuto provano a disegnare curve di normalità.
Guardatelo. Ne vale la pena.