C’è una frase, utilizzata come un mantra da tutti i sindacati della polizia penitenziaria: “Non ci sono risorse umane sufficienti”. La richiesta, da anni, si focalizza sulla mancanza di donne e uomini con la divisa che possano gestire al meglio le problematiche quotidiani degli istituti penitenziari. Quella richiesta compare sempre davanti alle evasioni, alle rivolte, ai suicidi. E’ un passaggio obbligato ed è una richiesta accorata, forte probabilmente necessaria ma non racconta del tutto cosa sia, in realtà un carcere. Gli stessi sindacati, quando devono analizzare alcuni processi affermano giustamente che in un penitenziario ci sono detenuti con “doppia diagnosi”, senza lavoro e senza speranza e loro, i poliziotti, sono soli e senza mezzi per contrastare questo enorme disagio sociale. E hanno ragione. Però se questa è la situazione affermare che “non ci sono uomini” non è vero. Meglio: dipende da cosa intendiamo per sicurezza e per rieducazione. La vulgata populista e governativa non regge al disagio. Non basta dire “costruiremo nuove carceri e sosterremo la polizia penitenziaria” perché tutto si risolva. La promessa può funzionare nel breve periodo ma prima o poi i conti con la popolazione detenuta occorre farli. L’area pedagogica (o trattamentale, o educativa) è necessaria, come i docenti nella scuola e i medici negli ospedali. Aumentare la polizia penitenziaria è importante (soprattutto per garantire il turnover) ma è necessario scommettere su un altro fronte dove, a dire il vero, tutti i governi degli ultimi anni sono stati tiepidini. Una maggior presenza di educatori, psicologi, assistenti sociali, mediatori e una buona sanità nelle carceri italiane è utile per ottenere un clima più temperato, dove i beneficiari saranno tutti. Se in una città di 60.000 abitanti avvengono 17 suicidi in meno di due mesi che facciamo? Assumiamo poliziotti locali per arginare il fenomeno o proviamo ad interrogarci su ciò che non funziona all’interno dei vari quartieri? Scommettiamo sugli uomini. Farlo è difficile e comporta un grande sacrificio, ma nel tempo si ottengono ottimi risultati.
Mi auguro – e me lo auguro di cuore – che quando chiederanno come risolvere il problema delle carceri in Italia la prima risposta dei sindacati sia :” dobbiamo assumere più funzionari dell’area educativa”. Poi sarà più semplice pianificare il futuro.
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Giampaolo Cassitta
Questo articolo è stato scritto il lunedì, Febbraio 19th, 2024 at 18:07
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Tags: carcere, educatore penitenziario, polizia penitenziaria
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