Il 22 novembre del 1963 veniva assassinato, a Dallas, John Fitzgerald Kennedy. Fu uno dei più grandi eventi mediatici e drammatici di quel periodo. Nel mio libro “Domani è un altro giorno” il protagonista, Riccardo Ramasi, ricorda quel giorno perché tutto accadde subito dopo la morte di suo padre. Ecco il brano.
Solo cinque giorni dopo avvenne un fatto che sconquassò i destini del Pianeta: a Dallas, nel Texas, venne assassinato John Fitzgerald Kennedy, un altro ragazzo che sorride e che, rispetto a mio padre, non osservava le cose con semplicità e sottigliezza: lui quelle cose le modificava.
Per anni hai accomunato i due ragazzi sorridenti in un’unica tragedia e per anni ho provato a comprendere quale filo legasse noi a quella famiglia ricca e potente. Per anni ho provato a scavare tra i due sorrisi, quello di John e di mio padre, ho provato a confrontare le loro foto e la loro felicità. Non c’erano molte affinità, anche perché il destino disegna e cancella strade e fiumi ed è difficile capirne il percorso.
Mio padre era necessario alla mia famiglia, Kennedy era necessario alla Nazione.
Entrambi erano caduti sul lavoro: lui su una ruspa, mentre svuotava una collina; Kennedy su un’auto, cercando di riempire con concetti nuovi le curve della politica.
Mio padre aveva trentatré anni, Kennedy quarantasei. Erano giovani ed erano ambedue essenziali.
Per anni ho studiato la vita del presidente che si innamorava di tutto e ho afferrato la differenza sostanziale che c’era tra te e Jacqueline: lei doveva dividere il suo uomo con troppe donne; tu, invece, lo dividevi con noi.
Eravate nate nel 1929. Avevate entrambe trentaquattro anni quando i ragazzi che sorridevano vi abbandonarono senza poter dire: «Ciao, mi dispiace.» Senza potervi abbracciare e scusarsi.
Non c’erano molte affinità tra i due ragazzi sorridenti, non ce ne potevano essere.
Anche a lei, quando arrivò in ospedale con suo marito ferito le dissero: «Non si preoccupi.»
Lo ripeterono anche alla Nazione. Forse soltanto quello avete avuto in comune: la frase di circostanza universalmente adatta ad attutire il dolore. Per il resto erano solo dei destini a incrociarsi.
Un’autostrada dove si camminava veloci e una mulattiera davanti al mare.
Da quel giorno per me tu saresti stata Jacqueline, quel viso antico e severo, quella nobiltà nell’occultare il dolore, nel camminare a testa alta in una nuova vita.
Giampaolo Cassitta Domani è un altro giorno, ©Arkadia Editore 2020