Sei ieri ho parlato (con dolce ironia) di Karl Marx, oggi mi butterei su un’altra icona ostica, studiata all’università. Parlo di Sigmund Freud perché oggi ricorre il suo compleanno (era nato a Freiberg il 6 maggio del 1856). L’austriaco mi ha fatto dannare con tutte le sue incredibili teorie: da quella delle fasi psicosessuali e il complesso di Edipo all’inconscio, al preconscio, la coscienza, la rimozione, l’io, il super io, le pulsioni sino a giungere alla rimozione e alla resistenza. Bene, abbiamo dato abbastanza e non è questo il luogo di argomentare in “dottologia” discettando di Sig.Fu un passaggio per me nuovo, un mondo complicato e provai ad utilizzarlo per giocarmi la carta della conquista.
All’Università conobbi Marcella, una ragazza bruna con grossi occhiali. Era simpaticissima e seguivamo, vicini di banco, Psicologia 1 con una certa attenzione. Io, come sempre, scarabocchiavo su dei fogli mentre lei prendeva appunti. Mi piaceva e lei faceva di tutto per non farsi notare. Quindi era quello che cercavo.
Un giorno, osservando i disegni mi disse: “hai il complesso del cane sciolto”. Rimasi senza parole anche perché tra i vari complessi elencati dal professore questo non l’avevo mai sentito. “Mi sono perso qualche lezione?” provai a balbettare con una certa ansia (sindrome da prestazione). Sorrise: “No, a furia di ascoltare psicologia e il buon Sigmund, mi sono inventata una serie di complessi e li scrivo in questo quaderno”. “Ah,” ribattei “non sono dunque appunti?”Passammo la mattinata a ridere di gusto.
Il mio complesso era legato al fatto che non facevo amicizia con troppe persone e guardavo tutti come un cane sciolto, pronto a fuggire alla prima aggressione.
La ragazza del primo banco (né carina e né cretina) secondo Marcella aveva il complesso del gatto nero perché non riusciva mai a finire una frase, si bloccava, come chi si ferma davanti ad un gatto nero. C’era quello con il complesso di Van Gogh (era sempre con magliette colorate e unte d’olio) il complesso di Toro seduto (odiava gli statunitensi) il complesso di Yoko Ono (odiava i Beatles) e il professore aveva il complesso del cavallo, inteso come pezzo degli scacchi: amava spiegare qualcosa e poi si muoveva, a sinistra o a destra, proprio come la mossa del cavallo. Imparai molte cose da Marcella.
Rimanemmo amici un po’ per scelta un po’ perché lei aveva il complesso della Sindone: lasciava il segno ma era troppo impegnativa.Buon compleanno Freud. Suggerisco a tutti una bella canzone dei Dire Straits o dei Led Zeppelin. Freud apprezzerebbe. “Dei bei complessi, non c’è che dire”.
Questo articolo è stato scritto il martedì, Maggio 7th, 2024 at 17:50
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Tags: freud, psicanalisi, ricordi
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