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Il buio e la candela. A proposito del carcere minorile

Il buio e la candela. A proposito del carcere minorile “Beccaria”.

E’ ritornato l’inverno a impiastrare di buio quei barlumi di luce che apparivano da una speranza appena accennata. Il Beccaria, l’istituto penale dei minori, ritorna nella polvere oscura, nell’incomunicabilità, evidenziando mille sconfitte e sottolineando l’inutilità delle nostre blande risposte. Le urla nel silenzio si devono codificare, comprendere, ascoltare e utilizzarle per trasformarle in parole. Prima un pestaggio da parte degli agenti di polizia penitenziaria (fatti per cui la procura milanese indaga) e adesso la piccola rivolta di 70 minorenni contro il nulla, il muro delle mancate risposte da parte di chi ha solo inviato qualche poliziotto penitenziario in più, pensando che tamponare fosse una buona soluzione.
C’è stato il cambio di direttore e di comandante e questa rimane l’unica ottima notizia, ma quando si è pensato di aumentare educatori, psicologi e mediatori la risposta laconica è stata “faremo un concorso”, che è di fatto una “non risposta”.
Quei minori, dunque, dopo il presunto pestaggio hanno visto aumentare il contingente di sicurezza, ma non la parte che riguarda all’ascolto e alla costruzione del proprio futuro.
Si è parlato (e ne ho già parlato) della formazione degli agenti di polizia penitenziaria e ho sempre ribadito un concetto fondamentale: questi professionisti devono svolgere un compito diverso da quello che li coinvolge nei penitenziari più adulti. La loro formazione deve essere orientata all’ascolto, alla mediazione, al saper creare cornici di tranquillità. E dovrebbero effettuarla insieme alle altre figure che lavorano quotidianamente in carcere con i minorenni: educatori, psicologi, mediatori culturali, operatori del trattamento esterni all’istituto.
Quell’inverno ripiombato sul Beccaria ci svela una triste verità: nessuno ha lavorato per affrontare quella stagione nel modo migliore. Non c’era riscaldamento, non c’erano maglioni, non c’era possibilità di scaldarsi in quel buio fitto e la soluzione è stata consegnare a tutti i ragazzi una candela.La rabbia si gestisce, si comprende, si incanala e si deve prevenire. Dopo un periodo duro, costruito tra soprusi e mancanza totale di un piano trattamentale proficuo che vedesse, davvero, il minore al centro del progetto, occorreva uno sforzo culturale molto alto. Però, a quanto pare, nessuno intende scommettere su questi ragazzi che molti politici chiamano “scarti della società”, come se in questa società liquida tutto restasse inamovibile ed etereo. Neppure i quotidiani danno risalto a questo urlo nel profondo silenzio. Il Corriere della Sera (milanese) lo relega nelle notizie interne e “La Repubblica” non dà la notizia. Ed è gravissimo.
In questo universo incerto vi è un’unica certezza: nessuno ha la forza intellettuale, sociale e politica di voler “scommettere” sull’ascolto delle periferie del mondo. Eppure, a ben riflettere, sono una realtà con la quale dovremmo cominciare a comunicare. L’inverno, da quelle parti, non sembra mai passare.”

15:41 , 30 Maggio 2024 Commenti disabilitati su Il buio e la candela. A proposito del carcere minorile “Beccaria”.