La didattica a distanza sta producendo cicatrici che i giovani si porteranno per tutta la vita. Un po’ perché raccoglie tutta la freddezza del mondo virtuale, un po’ perché qualcuno non riesce a collegarsi. Ci sono paesi in Sardegna ancora distanti da una linea internet decente, ci sono famiglie che non si possono permettere un tablet, un computer e neppure di pagare l’abbonamento per il collegamento. Così i giovani abbandonano la lavagna virtuale, spengono la telecamera che li inquadrava assonnati e poco curiosi ed entrano in un mondo reale dove loro non ci sono più. Lo ha detto molto bene la Procuratrice del Tribunale dei Minorenni di Cagliari: i giovani che si disconnettono dalle opportunità stanno aumentando e, lentamente, tra le pieghe della realtà, questi ragazzi rimangono soli, entrano in un cuneo d’ombra dove le famiglie non li raggiungono. La didattica a distanza non è la stessa cosa di una riunione tra persone adulte. Non lo può essere per una serie ovvia di motivi e il più ovvio tra questi appartiene all’empatia, la ricerca di rassicurazione, la voglia di stare insieme. Gli adulti su questo campo sono ormai ben strutturati e hanno il cinismo giusto per poter svolgere incontri “da remoto”. I giovani, i minori, dividono sempre il loro mondo tra vero e verosimile, tra reale e immaginifico ma sanno molto bene che cosa è vero e cosa, invece, appartiene alle favole. Mio nipote, per esempio, ha nove anni e quando guarda Spiderman che salta da un palazzo all’altro e che rischia di cadere ha sicuramente paura, ma riesce a rincuorarmi quando anche io fingo di spaventarmi e sorridendo mi sussurra: “non è vero, mica esiste l’uomo ragno”. I bambini lo sanno come camminare nel mondo delle favole e tengono moltissimo alla realtà. La didattica a distanza per i minori è quel misto tra vero e falso che viene vissuto con poca leggerezza. Loro, soli, davanti a quel computer a guardare i propri compagni come in un acquario, come in un cartone, un film. Loro osservano i loro compagni di classe e capiscono che quelli non nessuno di loro è Batman. Anche gli adolescenti capiscono che il virtuale non contempla gli abbracci, non conteggia le pulsazioni del cuore, l’apprensione per un bacio non dato ma, anche, la paura per l’interrogazione, l’adrenalina per sapere se quel compito sarà scritto e bene e, diciamolo senza vergogna: nella didattica a distanza non si può neppure passare il compito. Chi spegne quel computer accende un faro verso un ignoto e impegnati come siamo a costruire le nostre opportunità non riusciamo a mettere a fuoco. Quella finestra che si spegne è come un faro che non avvisa più le navi del pericolo imminente. Quella finestra che abbandona all’interno di una classe virtuale è una piccola grande sconfitta che questa pandemia ci ha regalato. La scuola è il passaggio necessario per poter continuare a sopravvivere. Lo sanno i genitori, i docenti, lo sanno un po’ tutti. In carcere, per esempio, si è tentato di lasciare aperto almeno quello spiraglio, si è riusciti nei penitenziari italiani a garantire le lezioni a migliaia di detenuti. La scuola è anche formazione, passione, opportunità. E’ terra di incontri e di scontri. E’ la strada che porta all’adultità e non si può negare a nessuno. L’urlo di dolore degli addetti ai lavori non può restare inascoltato: la Procuratrice Cao ha rivelato una terribile novità: sono aumentati gli abbandoni dalla scuola e la notizia deve essere ripresa ed enfatizzata, analizzata e rivisitata dall’assessore regionale competente, dai vari politici locali, dagli operatori sociali, dai magistrati che si occupano dei minorenni, dai docenti, dalle forze dell’ordine impegnate quotidianamente nel tentativo di ricucire questo disagio in forte aumento. E’ il momento di provare a contare quelle finestre che si spengono, segnalarle ed intervenire con i minori e con le loro famiglie. Raccogliere quel disagio significa scommettere sul futuro di questi ragazzi. Non possiamo lasciarli soli. Sarebbe una terribile sconfitta per la Sardegna.
17:27 , 11 Maggio 2021
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