Lo dico subito e senza mezzi termini: sto dalla parte di Alfredo Cospito, l’anarchico attualmente detenuto al regime di carcere duro previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. La mia affermazione non prende in considerazione la condanna passata in giudicato e pertanto da onorare in nome del popolo italiano; non tiene in assoluta considerazione i reati commessi, tutti esecrabili e meritevoli di una pena da espiare: il ferimento di una persona, l’amministratore delegato di Ansaldo nucleare; una serie di attentati anarchici con finalità di terrorismo (pena, questa, non ancora definitiva). Cospito ed altri anarchici avevano posizionato due ordigni a basso potenziale esplosivo in alcuni cassonetti dell’immondizia davanti all’ingresso della scuola allievi carabinieri di Fossano per fortuna esplosi senza provocare né morti né feriti. Secondo la Corte d’Appello, che ha confermato la pena, si tratta di strage semplice, mentre la Cassazione ritiene che si sia trattato di strage politica “allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato”. Io sto con Cospito perché attende l’udienza della Cassazione anticipata al prossimo 7 marzo. In questa udienza il detenuto affronterà il ricorso e il suo difensore proverà a dimostrare che quegli attentati non possono essere considerati come “strage politica”. Non entro nel merito della questione giuridica ma sto con Cospito perché, da sempre e per mestiere, non voglio che nessuno tocchi Caino. Negli anni il partito radicale e Marco Pannella su tutti, ha utilizzato lo sciopero per accendere i riflettori su argomenti che difficilmente riescono ad ottenere le luci della ribalta dei mass-media. Oggi tutto si è modificato e la protesta di Cospito sembra essere figlia di altri tempi, quasi obsoleta. Sto però dalla dalla sua parte per una ragione semplice: è ipotizzabile che la Cassazione possa dare ragione alla tesi difensiva Cospito e può cambiare il capo d’imputazione da strage “politica” a strage “semplice” e modificare il corso anche della detenzione in quanto, nel caso di derubricazione del reato, non sarebbe necessario il cosiddetto “carcere duro”, quello senza speranza, ma soltanto quello di alta sicurezza.
Ho conosciuto centinaia di detenuti che hanno attuato lo sciopero della fame: alcuni per futili motivi e subito conclusi dopo qualche ore. Solo una volta ho assistito, all’Asinara, ad una presa di posizione seria da parte di un detenuto napoletano che non riusciva a vedere la propria figlia.
Stare dalla parte di Caino non è semplice però è necessario. Come è necessario provare a chiedere al Ministro della Giustizia di sospendere, almeno sino al 7 marzo il regime di carcere duro. E’ un piccolo passo ed è un passo importante, umano, di dignità. Cospito è un uomo solo, un visionario che ha perduto la sua battaglia. Le sue idee non saranno mai accettate. Le sue ragioni non mi appartengono e nella mia vita mi sono sempre trovato dall’altra parte della barricata: quella che Cospito ha deciso di combattere. Proprio per questo mi posso permettere di chiedere per lui un atto “alto” da parte del Ministro, un atto che riporti tutto ai rapporti di semplice garantismo: aspettiamo il 7 marzo e attendiamo la sentenza della Cassazione. Son cresciuto insieme a Nicolò Amato, direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ho assistito alla nascita dell’area omogenea di Rebibbia dove i brigatisti accettarono di confrontarsi con lo Stato. Quella partita che pareva a tutti folle risultò, invece, vincente. Questo non è un atto di resa. E’, invece, una grande e importante vittoria perché lo Stato non si vendica, lo Stato non tocca Caino. Lo ascolta, gli chiede un passaggio doloroso all’interno del carcere ma utile per dimostrare il valore e il peso della democrazia che Cospito deve saper accettare. Stare dalla parte di Cospito in questa lotta significa, paradossalmente, stare dalla parte dello Stato. E la mafia non c’entra nulla. Stiamo parlando – politicamente e non giuridicamente – di altri approcci e di altri reati. I mafiosi devono rimanere all’interno del circuito di 41 bis in quanto il loro atteggiamento è terribile. Cospito e i suoi reati sono gravi, esecrabili, condannabili e meritevole di pena. Non è questo il punto: occorre una posizione politica diversa, occorre una visione necessariamente altra rispetto a quella che molti stanno attuando in maniera semplicistica. Non mettetevi anche voi dalla parte dei fonditori di chiavi. La riva di quel fiume è ben colma: provate, invece, a ragionare sulla dignità, sul rispetto e sulla forza che uno Stato ha: quella forza è la volontà di offrire a Cospito un’altra lettura, diversa da quella che lui pensa: lo Stato va rispettato e per farlo occorre essere chiari e coerenti. Non aiutano gli attentati degli anarchici e bene farebbero a smetterla: non aiutano Cospito e, purtroppo, non aiutano neppure gli uomini dello Stato.