Ha vinto Olly e ha perso Giorgia. I sogni sono arrivati secondi e di questo ne siamo felici. Anche il terzo posto di Brunori Sas, per chi ama il cantautorato, è una bella notizia. Giorgia è la Claudio Villa di mia madre quando io amavo Celentano e, dunque, di questo dobbiamo parlare madama la Marchesa: che tutto cambia affinché nulla cambi. Olly è un Geolier che ce l’ha fatta, un osservatore del proprio ombelico triste e solitario che piace tanto ai giovani: oltre tre milioni di ascolti mensili su Spotify vorranno pur dire qualcosa. E i giovani non sono spettatori non votanti (come me) ma esprimono il giudizio per il loro beniamino, per l’outfit, per i tatuaggi. I giovani, come è giusto e lecito, amano il loro mondo. Direte: ma Giorgia sarà il brano più ascoltato di questo Sanremo. E non è vero. Andranno avanti i cuoricini di coma cose, Gaia, The Kolors e, probabilmente, quel volevo essere un duro del sognatore Corsi, vero protagonista e vincitore di questa edizione. “Ma tu avevi previsto la vittoria di Giorgia”, direte. E’ vero. Un po’ come mia mamma che voleva la vittoria di Claudio Villa e del bel canto, perché c’è sempre qualcuno che ha in tasca un canto più bello degli altri. Si tratta, ovviamente, di punti di vista. A mamma, per esempio, non piaceva De André. Troppo triste e non parla d’amore, diceva. E io lo amavo proprio per questo. Olly ha cantato di una storia che finisce, di piccole fotografie di intimità, piccole coccole, piccoli ricordi, piccoli mondi moderni. E funziona. Non avevo previsto la sua vittoria ma non per questo mi flagello. Il secondo posto a Lucio Corsi e il terzo a Brunori Sas li avevo previsti. Almeno quelli. In fondo, a noi anziani non è andata malissimo,  in un Sanremo molto appiattito sulla normalità dei gesti, degli interventi e dei pochi guizzi. Tutta l’Italia non canta o guarda Sanremo ma, ad osservarlo bene, Sanremo rappresenta tutta l’Italia. Nel bene e nel male. Al prossimo festival.