Graziano Mesina per anni ha polarizzato le attenzioni di un’intera comunità ed è diventato anche un “simbolo” privilegiato, seppure negativo. Comunque un simbolo.
La mitizzazione di Grazianeddu era legata, soprattutto, ad un altro concetto piuttosto in voga negli anni sessanta all’interno della comunità sarda barbaricina: la balentia che significava, almeno originariamente, “valore” e quindi il “balente” è un portatore di valori. Nel caso di Mesina i valori erano quasi tutti negativi.
E’ stato bandito, sequestratore, ha preso a pietrate il maestro di scuola che abbandonò per fare il servo pastore.
Da minorenne fu arrestato per porto d’armi abusivo e, successivamente, per avere usato quelle armi in pubblico. Evase dalla caserma dei carabinieri, si vendicò dell’uccisione di un suo fratello coinvolto in un sequestro di persona (condanna che Graziano contestò proclamandosi sempre innocente). Continuò con altre storie di tentati omicidi, sequestri di persona, tentativi di evasione dal carcere di Nuoro, da quello di Spoleto, dalla toilette di un treno in corsa, dal carcere di Viterbo.
L’11 settembre del 1966 riuscì nell’impresa: quella di evadere dal carcere di San Sebastiano a Sassari e diventare un “mito”.
La fuga durò quasi due anni e venne catturato alle porte di Orgosolo da una pattuglia della stradale che effettuava un normale controllo. Ci furono altre storie, altri sequestri, quello stranissimo di Kassam con giochi oscuri probabilmente manovrati dai servizi segreti, la condanna all’ergastolo sino alla concessione, nel Novembre del 2004, della grazia da parte dell’allora presidente della repubblica Carlo Azelio Ciampi.
Poi il mito divenne una specie di guest star, comparsate in televisione, presentazioni di libri, apparizioni a varie feste di paese, in giro per la Sardegna.
Tutto appariva canalizzato verso la costruzione di un personaggio che, dopo aver attraversato un deserto terribile riusciva, in qualche maniera, a riveder le stelle. Sono cose difficili da capire, anche perché i processi evolutivi negli adulti non sono lineari.
Il percorso del cattivo che si “redime” pareva concluso. La vittoria di uno Stato che non scegli mai la “vendetta” ma l’inclusione e la comprensione appariva chiaro, risolutore, appagante. Invece il mito, il balente, il Grazianeddu degli anni sessanta finisce in una storia che poco c’entra con la sua.
Dopo una serie di intercettazioni è arrestato per traffico di sostanze stupefacenti e ieri è stata depositata la sentenza che lo condanna, in primo grado, a trent’anni di carcere.
Non entro nel merito di una sentenza non ancora definitiva e che può essere tranquillamente ribaltata in appello. Provo però a ragionare su Mesina, personaggio del giorno suo malgrado o, comunque, personaggio costruito su alcuni fatti che sono divenuti negli anni piccoli miti.
Ho conosciuto personalmente molti miti “cattivi” e “negativi” (tra tutti Vallanzasca, Cutolo e Riina) e tutti tentano sempre di riportare il discorso non sui fatti criminosi per cui sono stati condannati in maniera definitiva ma su singoli episodi che, a loro modo, hanno determinato il percorso della loro vita.
Ci sono sempre giustificazioni a ciò che si compie ed è naturale. Però (e non lo dico per Mesina, per il quale, sino a condanna definitiva, il giudizio è sospeso) non è sempre il destino a disegnare le nostre vite. Molte volte siamo bravi noi a cercare alcune strade e non altre.
Graziano Mesina è attualmente in carcere a Nuoro. E’ invecchiato, probabilmente è stanco e l’essere stato per tutta la vita “Grazianeddu” probabilmente non lo ha aiutato ma, forse, era la sola cosa che sapeva fare.C’era
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C'era una volta Mesina | Giampaolo Cassitta – Giampaolo Cassitta