Io, a Pasolini ci ho sempre voluto bene. Era nato il 5 marzo del 1922 e oggi compirebbe 93 anni. Mi piaceva quel suo scrivere aspro, deciso, salutare, determinato. Quell’uso bellissimo di aggettivi “aggressivi”, quella grande bellezza di saper raccontare per immagini, quella sua smisurata vitalità e fisicità nell’analizzare e focalizzare le cose.
Io, a Pasolini l’ho amato per quella capacità critica solida, razionale, ferrea, quell’essere “con me e contro di me”, quel voler a tutti i costi coninuare a lottare contro il potere, i politici, i democristiani mai estinti e mai estirpati, contro quella chiesa oscurantista e collusa, usando quell’ottimismo che sapeva regalare alle parole, alla voglia di esserci sempre e comunque.
Io, a Pasolini l’ho anche invidiato quando ha scritto quelle bellissime poesie su Roma, quegli affreschi stupendi di periferia, quando ha deciso di stare con i poliziotti di Valle Giulia e contro i “fighetti borghesi” che giocavano alla rivoluzione e oggi, solo oggi, scopriamo quanto aveva ragione. Perché voltandoci un attimo e guardando davanti quei fighetti borghesi detengono il potere e lo detengono da sempre.
Io a Pasolini l’ho ammirato quando ha sempre combattutto il fascismo con tutti i mezzi, con tutte le forze. Quando ci ha messo in guardia da una serie di problemi irrisolti di questo paese; quando, con forza ha urlato «io so» cercando di ricordare tute le stragi di Stato irrisolte fermandosi, purtroppo, al 1975 anno della sua morte.
Pier Paolo Pasolini avrebbe oggi 92 anni. Se fosse vivo, di questo paese e di questa strana politica probabilmente direbbe le stesse cose che scrisse il 1° febbraio del 1975: «Oggi in realtà in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.» Questo direbbe Pier Paolo Pasolini ed è per questo che io a Pasolini ci ho sempre voluto bene. Buon compleanno Pà.