
Anch’io ho incontrato l’Alzheimer e ho convissuto con lui per qualche anno. Quell’atroce malattia, come per Simone Cristicchi, ha colpito mia madre. So che non è semplice parlarne, so che per pudore spesso lo evitiamo e, il più delle volte, rispondiamo a quel male oscuro con il silenzio e la rassegnazione. Simone Cristicchi ha deciso di scriverci una canzone e di regalarla a tutti. Io, nel 2020, ho deciso di scriverci un libro, (si chiamava, proprio in onore alla musica, “domani è un altro giorno”) provando a raccontare quanto fosse ingiusto arrendersi a quella malattia assurda, cercando, come Cristicchi, di rivolgermi soprattutto a mia madre e di recuperare tutti i ricordi bellissimi trascorsi insieme a lei.
Non lo dico per autocitazione (non mi sembra il caso), ma per rispondere alle critiche, alcune feroci (soprattutto nell’affollato bar del web), che Cristicchi sta subendo per la sua canzone. Molti lo accusano di cinismo, di furbizia, di voler “vincere facile” scegliendo un tema, la malattia, che ovunque nel mondo tocca corde profonde.
In questi giorni mi sono permesso di parlare della canzone di Cristicchi partendo da un semplice presupposto: il testo è davvero intenso, bello, coinvolgente. L’avrei voluto scrivere io. E comunque, in alcuni passaggi, mi appartiene perché mi ha riportato all’esperienza che ho vissuto con mia madre.
La musica, però, o meglio l’armonia, non funziona: non lega, non coinvolge, non emoziona. In linea generale, dunque, non è una bella canzone perché Cristicchi, almeno secondo me, non è riuscito a fondere le note con le parole. È una critica “tecnica” e non intende in alcun modo mettere in discussione il tema, che rimane – lo ricordo a me stesso e a tutti – terribile. Dire che la canzone di Cristicchi non è riuscita spiegando i motivi è, a mio avviso, legittimo. Ma accusarlo di cinismo, furbizia, opportunismo è, oltre che falso, offensivo.
Faccio un piccolo esempio su me stesso: se un critico letterario affermasse che il mio libro è furbo e cinico, scritto con l’intento di strappare lacrime e vendere copie, lo riterrei un’offesa. Se invece quel critico entrasse nel merito della scrittura e sostenesse che, pur trattando un tema interessante e coinvolgente, il libro è scritto male o costruito su canoni sbagliati, avrebbe tutto il diritto di farlo. Quella è critica.
Lasciamo da parte l’Alzheimer, le madri e lo stesso Cristicchi. Limitiamoci a valutare il suo prodotto per quello che è: una canzone che racconta, in modo poetico, il rapporto con sua madre e una malattia degenerativa. Ma, nel complesso, non mi sembra ben riuscita.
Avrei tentato, per esempio, la strada di Ti regalerò una rosa, una sorta di recitativo accompagnato da un tappeto musicale, o qualcosa di simile a Signor tenente di Faletti.
A me la canzone è piaciuta solo in parte e per i motivi che ho ampiamente esposto, ma non merita di vincere solo perché parla di Alzheimer o di una madre. Così come il mio libro non meritava un premio solo perché trattava lo stesso argomento.
Le cose semplici, in questo Paese, diventano sempre discussioni da piano bar. E voi sapete che il poeta, musicalmente e con le parole, ci dice che il pianista di piano bar canterà finché vorrai ascoltarlo. E non ti deluderà.