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Ammetto di non essermi occupato troppo dei Ferragnez, intesi come “brand” e anche dei loro affari. Ho assistito con una certa indifferenza ai loro problemi familiari e ho capito che la storia del pandoro era cosa brutta, sporca e cattiva. Leggo oggi che Chiara Ferragni non se la passerebbe benissimo: patrimonio azzerato e ricavi a picco di un marchio che non ho mai ben capito cosa vendesse. La colpa è la mia che non riesco a immaginare una signora, per quanto giovane e carina, che entra in un ristorante e non deve pagare in quanto è lei che fa un favore all’esercente con la sua sola presenza. È il mestiere di “influencer”. Non so neppure se possa influenzare orde di giovanotti (immagino di sì) e subito il ricordo ritorna, che so, a Che Guevara, ai miei tempi un “influencer” precursore di questi giovani lucidi, patinati e super tatuati. Non ditemi che sono anziano (perché lo sono), ma ho sempre pensato che ogni essere umano dovesse saper raccontare il proprio mestiere, anche il più complicato. Ovviamente rispetto Chiara Ferragni e la sua vita. È libera di muoversi e vendere ciò che crede. Non ha cambiato il mio mondo (ed era facile), ma, a quanto pare, rischia di non modificare più di tanto quello degli altri. Tra qualche anno magari farà notizia perché si butterà in politica. Chissà. Anche quel mestiere, per quanto vituperato, è più facile da spiegare. E di questi tempi non è neppure troppo difficile. Ci riescono in molti e l’altezza dell’asticella è, davvero, molto bassa. A misura di influencer. 

12:08 , 9 Marzo 2025 Commenti disabilitati su Influencer