Siamo all’interno di una democrazia spuntata. E lo siamo da tempo. Solo metà degli aventi diritto al voto esprime il proprio diritto/dovere e questo è un problema. Gli analisti hanno provato nel corso degli anni a cercare una lettura e tutti concordano in un termine potente e terribile: disaffezione. E allora mi chiedo: c’è gente che non si fida più della democrazia? Dei suoi riti legati all’esprimere il proprio consenso o dissenso? E’ davvero così?
Non è facile la risposta e oltre al disamore, al disinteresse per la cosa pubblica c’è, forse, una poca conoscenza dell’educazione civica, non si è convinti che con il nostro voto possiamo modificare gli assetti di un paese. Eppure, a ben vedere, ci sono state moltissime discussioni sui pochissimi voti che ha permesso Alessandra Todde di vincere su Paolo Truzzu: a quanto pare meno di 1.600 voti. Una via di un quartiere di Cagliari o di Sassari. Ed è questa, invece, la forza della democrazia: la sua mirabile potenza.
Se Alessandra Todde avesse vinto anche di un solo voto, uno soltanto, la partecipazione del singolo a quella scelta sarebbe mirabile, bellissima, infinita e immensa: come la libertà di decidere.
Leggere che oggi il centrodestra viveva quasi con terrore la possibilità di un aumento della percentuale di votanti nelle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale d’Abruzzo mi ha mortificato e lo avrebbe fatto anche se fosse stata la sinistra a sperare in una bassa affluenza. Anziché gioire sia in Sardegna che in Abruzzo dovremmo cominciare a domandarci per chi suona la campana.
Non votare è una sconfitta. A volte basta una preferenza, una scelta, un unico segno su una scheda per cambiare il corso della storia. Dovremmo cominciare ad osservare chi non ha votato piuttosto che esaltarci per quei pochi che hanno scelto di esercitare il ruolo civico in un paese incattivito e sempre più distaccato e freddo. E quella campana, suona per tutti.
Nessuno escluso.
17:05 , 11 Marzo 2024
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