Ci manca il coraggio. Quello vero intendo. Quel coraggio che ha avuto Franco Basaglia quando riuscì, in un Italia forse più provinciale ma sicuramente più attenta e visionaria, a togliere le catene ai matti, a costruire nuove possibilità sugli “irrecuperabili”, a disegnare nuove strade dove quasi tutti non riuscivano neppure ad immaginare viottoli campestri. Quel coraggio l’ha avuto Nicolò Amato quando si inventò l’area omogenea di Rebibbia, dove i brigatisti poterono cominciare un percorso critico diverso, dove il dialogo con lo Stato portò al superamento degli anni di piombo. Quel coraggio l’ha avuto Mario Gozzini, senatore della Repubblica, che ha scommesso con vigore, con forza, sulla possibilità di un riscatto da parte di uomini considerati reietti, un esercito di Caino anch’esso “irrecuperabile” per quasi tutti.
Abbiamo, da tempo, abbandonato il coraggio e la voglia di
puntare le nostre “fiches” sugli uomini. Siamo diventati un paese livido,
grigio, triste, scoraggiato. Gonfio di livore, inadatto all’ascolto degli
altri. Tutto ci sembra ingiusto o, al massimo, passabile. Non abbiamo certezze.
Non vogliamo averne. Qualsiasi novità ci fa paura: dai rave party al trap,
dalle baby gang alle tratte dei nuovi schiavi. E anziché provare a ragionare
sotto profili sociali, anziché tentare di decifrare la fenomenologia dei
comportamenti preferiamo inventarci due o tre articoli di legge che hanno come
unico risultato quello di sbattere in galera chi ha commesso il “nuovo” e
pericoloso reato. Il decreto Caiano, che inasprisce le regole degli arresti per
i minorenni, è riuscito a far aumentare del 37% il numero delle presenze in
carcere ma, ovviamente, non ha risolto nessuno dei problemi evidenziati dal
loro disagio.
Non ci interessa.
Come se fosse giusto che quella che molti definiscono “la peggio gioventù”
possa ottenere come unica e demagogica risposta le sbarre di una cella.
Ci manca il coraggio di provare a comprendere quei ragazzi con una “doppia
diagnosi” che di tutto avrebbero bisogno tranne che essere rinchiusi tra le
mura di un penitenziario. Ci manca la visione, la concezione del futuro, ci
manca la capacità di analisi, ci manca quella frase, bellissima, detta davanti
a tutti i senatori da Mario Gozzini: la proposta di legge che prevede i
permessi premio sarà un fallimento se il 4% dei detenuti non rientreranno in
carcere. Il Senato accettò quella sfida e fu una vittoria. Mai, dal 1986, si è superata quella soglia. Certo, fa più
notizia un detenuto che evade rispetto ai 25.000 che rientrano regolarmente in
carcere eppure, ogni volta che un detenuto si ripresentava sull’uscio del
penitenziario, spontaneamente, pensavo fosse un po’ pazzo, ma sorridevo con
gusto perché lo Stato, il Senato, Mario Gozzini e noi operatori avevamo vinto.
Ecco, ci manca il coraggio di uomini fieri, sinceri, anche dubbiosi, ma certi di voler abbattere il concetto di “irrecuperabile”. Ci mancano gli operai riparatori delle strade della vita. Ci manca il giusto tempo per riflettere. Il decreto Caiano è la sconfitta della democrazia, è l’affossamento della speranza per i minorenni. Cerchiamo, per cortesia un nuovo Basaglia, un Amato, un Gozzini che possa dire, a gran voce: ci sono altre strade da percorrere, basta un po’ di coraggio.
Questo articolo è stato scritto il martedì, Marzo 5th, 2024 at 17:41
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Tags: basaglia, carcere, decreto caiano, giustizia, gozzini, nicolò amato, penitenziario, permesso premio
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