La fabbrica cinese di peluche esporta i pupazzi colorati in tutto il mondo. Ne produce di numerose pezzature ma il più bello e più venduto è il peluche “Biribì”, di colore rosso con il pancino bianco. Questa è la storia di tre peluche Biribì che sono approdati in tre abitazioni diverse e hanno conosciuto tre bambine: Aisha, Natalka e Ginevra. Aisha vive in Afghanistan, Natalka a Kiev e Ginevra a Roma. Hanno ricevuto Biribì in momenti diversi: chi per il compleanno, chi per la conclusione di un viaggio di uno zio e chi, invece, per un capriccio. Le tre bambine hanno più o meno la stessa età: intorno a sei anni e hanno lo stesso sguardo verso il mondo: curioso e nebuloso. La sera, prima di addormentarsi, abbracciano e sbaciucchiano il loro Biribì. Qualcuna lo appoggia sul cuscino, qualcun’altra lo infila dentro le coperte o finisce per gettarlo dal letto per colpa dei movimenti che solo le bambine sanno costruire mentre dormono. Aisha deve partire. Non sa perché e non sa per dove. Ha sentito che sarà un lungo viaggio. Lei, curiosa e attenta, ascolta i genitori e abbraccia Biribì. Nel suo mondo magico non le succederà nulla. Natalka da oltre un anno si reca a scuola sotto un cielo plumbeo e pesante: dalle sue parti c’è la guerra e la sua città, Kiev, è attaccata da persone che lei non conosce. La bambina non capisce anche se i genitori continuano a ripeterle di stare tranquilla. Lo fanno sempre a bassa voce e con occhi umidi. Biribì è sempre con lei, nello zainetto, a pranzo, a cena. E’ un pezzo della sua vita. Con lui vuole disegnare un nuovo futuro. Ginevra respira l’aria di una Roma pasticciona e pasticciata, sempre in movimento, sempre pronta a sorridere ed imprecare. Tutto normale, con i genitori troppo impegnati ma amorevoli. A volte l’accompagnano a scuola, a volte c’è la tata a farlo. Lei ci va sempre con il suo Biribì bianco e rosso e racconta la felicità e la normalità di una bambina destinata a colorare la vita con un immenso arcobaleno. Poi Aisha, insieme ai genitori, finisce in un barcone, le raccontano che fa parte di un bel viaggio dove all’arrivo troveranno un mondo nuovo, tante città e tante luci, magari vedranno Roma, Parigi, Berlino e le bambine diventeranno grandi con più facilità e qualche opportunità in più rispetto al suo paese. Aisha non lo sa. Sale sul barcone e abbraccia Biribì. Quel viaggio non lo capisce, forse lo subisce, forse ha paura, forse intravede qualcosa, forse percepisce un futuro senza orizzonti. Si accuccia sulla prua della nave, tra la mamma, il padre e Biribì. Natalka ha sentito dei rumori terribili e forse a paura. Nella piazza centrale della sua città passa un corteo di macchine nere. Stringe il suo peluche e osserva quello strano carosello. Dicono sia la visita di una persona importante. Natalka non lo sa e si ferma ad osservare quelle auto passare. Dall’interno una donna la vede e nota la bambina che abbraccia il peluche. “E’ uguale a quello di Ginevra”, dice la donna. E le scendono le lacrime. Due pupazzi con un destino diverso. “Bisogna far qualcosa” dice a voce alta la donna. Bisogna fare qualcosa. Aisha adesso è avvolta da un mare cattivo, onde che non regalano molte possibilità. Sembra una danza folle, con un ritmo forsennato. Lei abbraccia Biribì e con lui comincia l’ultimo ballo tra le onde e la tragedia. Il suo corpicino sarà recuperato senza nessun peluche accanto. Biribì verrà rintracciato dopo qualche ora, spiaggiato e solo. Lo hanno notato tutti quel pupazzo dal colore rosso e bianco. Non si muove, non ha forza. Non ha più abbracci. La signora rientra a casa e Ginevra corre ad abbracciarla: “Ho visto una bambina con un peluche uguale al tuo” dice alla figlia. “Un fratello di Biribì?”, chiede Ginevra. Si, un fratello tra la guerra e la disperazione. Su quello di Aisha, sul peluche spiaggiato, invece, non regala parole. Come se non fosse mai esistito.
Bisogna amarli tutti i peluche, perché nei loro abbracci c’è sempre un bambino da rispettare.
12:36 , 14 Marzo 2023
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