La cultura e la galera (La Nuova Sardegna, 2 febbraio 2022)
Quelle pietre gonfie di silenzi, di lacrime, di tristezza e ricerca di libertà rimarranno, per ora, pietre nude e levigate dal dolore di chi, negli anni le ha calpestate, le ha scalfite scrivendo la data del suo fine pena, di chi con esse ci ha combattuto nella speranza di poter allargare gli orizzonti. Quelle pietre, urla recise al centro di una città assonnata, non diverranno uffici, luoghi di lavoro, non si potranno utilizzare perché la cittadella giudiziaria a San Sebastiano non si farà. Ci sono dei problemi tecnici pare “insormontabili” legati agli spazi adeguati, all’aerazione dei locali, alla luce diretta per gli uffici. Tutte cose sacrosante e necessarie ma che confermano quanto fosse disumano vivere in quelle celle, camminare in quegli anfratti, costruire una rieducazione in un luogo deputato esclusivamente alla sofferenza. Quando nel 2014 fu firmato il protocollo d’intesa queste cose si conoscevano e furono poste alla discussione di un tavolo che pareva intenzionato a salvaguardare la centralità di quel luogo e a scommettere su un vecchio carcere da riqualificare. Si chiese, in quel frangente, anche la possibilità di uno spazio per la memoria: una sezione (quella dei semiliberi) dove sarebbe stato possibile osservare un carcere più da vicino e sentire le vecchie voci di un luogo per troppo tempo dimenticato. Le cose, a quanto pare, non sono andate come si prevedeva e quelle pietre rimarranno una memoria distorta, un luogo ancora inaccessibile e inutilizzabile e, dunque, inutile. Eppure, a ben vedere, era possibile trovare soluzioni diverse per un luogo centrale e interessante anche dal punto di vista culturale. Era possibile pensare ad una biblioteca, delle sale per presentazioni di piccoli spettacoli, un’area culturale che tanto avrebbe fatto bene ad una città che, di fatto, non ha un vero e proprio luogo pubblico per questo genere di manifestazioni, lasciate di volta in volta alle scelte dei singoli o di qualche associazione. Sarebbe stato bello poter presenziare alla presentazione di un libro a San Sebastiano, assistere ad una commedia nella rotonda del carcere, visitare il museo della memoria (che poteva ospitare, per esempio, anche i ricordi di Rizzeddu). Invece l’impossibilità di voler scommettere sul riutilizzo del carcere ha portato alla soluzione peggiore: un pezzo di storia dimenticata e da dimenticare. C’era una bella proposta che in quel tavolo, nel 2014, era stata posta e andava controcorrente: facciamo di San Sebastiano un museo del crimine sardo, un luogo dove oltre alle storie del carcere Sassaresi si potevano conservare la memoria dell’Asinara, di Nuoro, di Cagliari; un luogo dove ogni anno era possibile organizzare un festival della letteratura legata al carcere, un luogo dove, magari, si poteva presentare una bella rassegna cinematografica sul tema dei penitenziari. Si poteva, ma non si è fatto. La scelta di trasferire la cittadella giudiziaria fu una soluzione che non poteva funzionare. Vi erano, da subito, troppe perplessità e si capiva che non vi era nessuna volontà di continuare verso quel progetto. Si è perso tempo e si sono persi i soldi. Si è persa la grande occasione di presentare un progetto “altro”, quello di utilizzare quei luoghi con le storie dei luoghi stessi. Quelle pietre rimangono mute a testimoniare la sofferenza di molti cittadini, le difficoltà di chi in quel carcere ci ha lavorato. Quelle pietre abbandonate all’oblio raccontano l’inerzia di una città poco disposta a trovare soluzioni diverse, originali, utili a ridisegnare il profilo culturale e proporsi come vera città metropolitana, capace di attirare attenzioni nazionali. Abbiamo un luogo enorme per una proposta culturale. Passeranno gli anni e quel carcere, quelle celle, quelle sbarre, resteranno l’emblema di un’incomunicabilità e di un non “voler fare”. Magari qualcuno, guardando al carcere, penserà ad un bel parcheggio. Sarebbe bello che negli occhi di tutti si palesasse un’opportunità di rivincita. Un vecchio carcere regalato alla cultura è una bellissima idea.