Quelli della notte (La Nuova Sardegna, 10 maggio 2017)
“Si considera legittima difesa la reazione a un’aggressione commessa in tempo di notte ovvero a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicati con violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia ed inganno”. La difesa della proprietà o dei propri familiari è argomento sensibilissimo che impegna la classe politica a trovare delle risposte. Le richieste di carcere a vita per qualsiasi reato sono ormai all’ordine del giorno e appartengono alla pancia del paese, quella che i politici, certi politici almeno, frequentano quotidianamente. La legittima difesa è però un argomento dannatamente serio per costruire facile ironia legata, soprattutto, alle penne poco accorte dei legislatori che, pur di far passare il messaggio agli elettori, sono disposti al compromesso dell’ultimo momento, al cambio in corsa di un testo che, invece, avrebbe dovuto avere ben altra attenzione.
Il tema della sicurezza è diventato centrale ed è un tema che abbraccia e coinvolge tutti: non è né di destra e neppure di sinistra.
Tutto nasce dalla paura che è, di fatto, la “percezione della paura” dettata da alcuni episodi appositamente enfatizzati da mass-media e correnti politiche che intendono difendere “gli italiani prima di tutto”. Così, se negli anni in cui al governo c’era Berlusconi orde di albanesi compivano innumerevoli furti nelle ville della Brianza, quando cadde quel governo gli albanesi sparirono come d’incanto. Sulla sicurezza tutti, da sempre, si giocano le partite elettorali e cedere ad eccessivi compromessi porta, come in questi casi, ad una soluzione grottesca: se ti difendi nottetempo (il legislatore usa il più burocratico in tempo di notte) quella difesa sarà più legittima rispetto a quella che potrà accadere “di giorno”.
Tutti, chiaramente, hanno focalizzato il problema in quella strana locuzione “in tempo di notte” tanto cara ai principi dei cavilli nascosti in tutti i tribunali italiani. Nessuno, invece, ha provato a ragionare sulla deriva che può rappresentare questo nuovo slogan “armiamoci e difendiamoci”.
Molte persone hanno richiesto alle varie questure la possibilità di detenere legalmente un’arma, proprio nell’anno in cui i furti sono sensibilmente diminuiti in quasi tutte le regioni italiane.
Una risposta di pancia a chi, deputato a far ragionare i suoi elettori, ha finito per alimentare quest’angoscia che tutti sentono come vicina ed impellente.
Si è giocato sulla paura, come l’inquietante ministro inventato dal comico Antonio Albanese che diceva: “Una società senza paura è come una casa senza fondamenta e, seguendo correttamente questo stato d’animo, io aiuto il mondo a mantenere ordine…”
La paura è, dunque, la cartina di tornasole per giustificare tutti i casi di legittima difesa soprattutto se gli episodi accadono in tempo di notte. Al diritto di difesa si è unito anche il diritto di libertà: non è possibile essere liberi in un luogo dove non si è sicuri.
La sicurezza diventa barricarsi dentro le proprie abitazioni e difendere i propri confini da un nemico che, un po’ come nel libro di Buzzati “il deserto dei tartari”, sembra sempre in procinto di arrivare ma che, in realtà, probabilmente non arriverà mai. Possedere un’arma non ci garantisce più sicurezza e aumenta il nostro stato d’ansia. Avere una pistola ci può far diventare ipotetici omicidi e dimostrare di non essere assassini diventa terribilmente difficile.
L’inasprimento delle pene ha dimostrato negli anni che è inutile. Lo scriveva Montesquieu già nel 1750: “Un governo, invece di far rispettare le leggi esistenti, stabilisce una pena crudele che possa arrestare il male immediatamente. (…) L’immaginazione si abitua a questa grave pena, come si era abituata a quella più lieve (…) e anche quando si ideò il supplizio della ruota, dopo un periodo di tempo, si è ricominciato a rubare come prima”.
La legge andrà rivista ma finirà per vincere la pancia del paese. Legiferare con la paura, alla ricerca di un consenso facile, non è mai una bella notizia in un paese libero.