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Alla ricerca dell’alba

Alla ricerca dell’alba

Occhiali che si incontrano e piccoli sorrisi. Barbe, pochi baffi, qualche cravatta rigorosamente blu, jeans che vacillando tra la falsa bancarella e l’ostentazione di una J tutta d’argento. Camicie quadrettate di morettiana memoria che Nanni non usa più (adesso gira le televisioni in blu e cravatta rossa, per dire) e libri. Si vendono (solo la biografia di Bersani che non è quella di Stalin, Mao, Marx o Berlnguer) e qualcuno passa con un invito ad una manifestazione per la presentazione di un libro su Antonio Gramsci.
La sinistra. Quello strano orizzonte che ha capito dove dovrebbe sorgere l’alba e si sta organizzando. Magari, con garbo riusciremo a vederla un giorno. Per ora la puntualità le fa perdere il treno. Sarà un mio vezzo, ma essere puntuali è il primo sintomo di serietà. L’incontro con Massimo Zedda e il segretario del PD PierLuigi Bersani è fissato per le ore 18 presso l’hotel mediterraneo. Ho un appuntamento e, per correttezza, scrivo sulla bacheca dell’evento che forse farò tardi ma spero di esserci. Arrivo alle 17.58 con scarpe non adatte alla camminata veloce, ma ho promesso e ci tengo. Invece dovrò attendere, dovremo attendere, tutti, sino alle 19.30 quando varcano la soglia sostenuti da un tiepido applauso, i due attori principali che, con Silvio Lai, guadagnano un tavolo gonfio di gente e di umori. La gente, nell’attesa lunghissima si scodella dentro un chiacchiericcio lento, da salotto di inizio secolo e c’è la bionda ossigenata e di sinistra che ostenta sicurezza convinta come nessuno che questa è la volta giusta; il signore comodamente impegnato in una conversazione con il suo blackbarry che dice che rispetto a Senis è tutto un’altra cosa e che sente che questa volta, insomma, meglio non azzardare. Poi, la parola ai protagonisti e Silvio Lai che poteva, davvero, dire molte cose (non dico di sinistra, epperò….) urla, quasi a squarciagola “Stiamo mettendo paura al centrodestra, perché stanno arrivando tutti i conti e le promesse non mantenute da Berlusconi.” Sarà, ma sento un’aria tiepida e i cuori non si scaldano e io, lentamente comincio a disperarmi. Ci sarà pure un cuore che batte da queste parti. Parla Luisella Ghiani, candidata come consigliera a Pirri e scherza sulla sua altezza fisica – sono diversamente alta – ma non è tempo di battute e le parole sono stantie e decisamente basse. Poi, come un cilindro dal cappello ecco Giacomo Mameli e ho un piccolo sussulto. Conosco l’uomo e conosco come scrive. Benissimo. Da applausi. Conosco anche quando parla. Da sconfitta sicura. Infatti non delude. Al di la di una bella frase sulla notizia cementizia riferita alla Sardegna l’intervento è un inno alla rottamazione totale: nel senso che era meglio lasciar perdere. Il dibattito no, insomma.
Aspetto con lievi timori il buon Massimo Zedda che arriva, giovane e vigoroso e apre subito con “amiche compagne, amici compagni.” Anche questo lo sento un tantino ruffiano ma tant’è, i compagni, da soli, non sono cosa da PD. Inizia con una frase ad effetto che, sinceramente stento a digerire: “Nei prossimi cinque anni ci impegniamo a riaprire le fabbriche che Berlusconi ha chiuso”. Ora, davvero, mi sembra un impegno da “campagna elettorale” e, per certi versi ci può stare. Quello che stona è che lo dice ad un pubblico che è sicuramente convinto di votare Zedda e, sicuramente non è interessato all’apertura delle fabbriche. Oddio, sul principio si, ci mancherebbe altro, ma quella frase mi rivela un’altra verità: non ci sono (almeno non nella iconografia classica) operai, sindacalisti, bandiere rosse, niente e la parola fabbrica sembra un ricordo quasi lontano, cementificato, dentro questa sala, per dirla con Mameli.
Zedda poi saluta il compagno Bersani (per fortuna che non dice compagno-amico…) e il Presidente Soru. Ovazione assicurata e standing ovation per un uomo che ha fatto solo il suo dovere: si è fatto processare. La normalità in questo paese diventa un fatto eccezionale. Son contento per Soru, per il suo testardo orgoglio, per quel suo essere serioso e scontroso, per quel suo essere docilmente silenzioso. Di un silenzio dirompente. Ma non tifo sulla giustizia. Non è una partita di calcio. E approvo moltissimo la sobrietà del Presidente.
Noi, in fondo siamo diversi da loro. Lo dice Zedda e lo dirà Bersani. Certo, come Michele Apicella/Moretti in “Palombella rossa”: “Noi siamo diversi, ma siamo uguali agli altri partiti”.
Bersani ammicca, gioca di fioretto, parla a braccio, gioca con le contraddizioni della lega, parla di autonomia, incita alla vittoria. Ce la faremo perché noi arriviamo da lontano. Applausi ma non lunghissimi.
Non sono un grande cronista e non sono, soprattutto, un buon politico. Osservo le cose, come si muovono gli attimi e gli sguardi, quanto pesa il sospiro di chi mi è accanto. Voterò Zedda affinchè quel sospiro diventi un sorriso vero, ma dovremmo imparare a smetterla con frasi ad effetto: Fantola un riformatore che non ha mai riformato nulla (urlato da Zedda due volte) i turisti a Cagliari erano attori senza regista, il 6 maggio sciopereremo con la CGIL (poteva dire forse che non avremmo scioperato? Sarebbe stata una notizia…) non siamo nemici degli imprenditori ma non faremo entrare mai in comune Flavio Carboni. Lo sapevamo Massimo (Zedda ovviamente) lo sapevamo ed eravamo profondamente convinti (e lo siamo ancora) che se tu diventassi sindaco avresti orizzonti diversi da Fantola. Speriamo lo capisca non quella folla dell’Hotel Mediterraneo ma gli altri, quella società che invece voterà Fantola perché è costretta, illusa, convinta che uno vale l’altro. Non siamo tutti uguali. Vero, verissimo ed è vero, caro Bersani che, come dici tu, siamo descritti come delle squadre scombinate, come una moltitudine (effettivamente una visione troppo biblica…) difficile da aggregare, ma che arriva il momento per ritrovare fiducia, forza, allegria e convinzione. Vero. Verissimo. Ma, in conclusione, compagno Bersani, in conclusione ti costava troppo dire che dentro quella grande eterogeneità comanda la passione? Ditelo, per cortesia, che abbiamo vene forti e che fanno rumore, che il calore è legato alla voglia di cambiare, che ci innamoriamo di tutto (De Andrè docet) e che gli italiani devono conoscere la verità e qualcuno, come ricordava Pasolini, la dovrà pur raccontare. Proviamoci allora e proviamo, soprattutto, a vincere una buona volta. Semplicemente. Basta poco, a volte.

Cagliari, 2 maggio 2011, a margine dell’incontro con Pierluigi Bersani, Massimo Zedda e i “compagni-amici” elettori.

22:13 , 2 Maggio 2011 Commenti disabilitati su Alla ricerca dell’alba